di Paola Valentini
pir

Arrivano i Pir, i piani individuali di risparmio a lungo termine che prevedono l’azzeramento dell’imposta sui redditi generati dall’investimento (l’aliquota è del 26%) e l’esenzione delle imposte di successione e donazione. Come anticipato da MF-Milano Finanza di sabato 22 ottobre si tratta di strumenti che danno diritto alla detassazione a patto di tenerli per almeno cinque anni e fino al tetto di 150 mila euro (al massimo 30 mila euro l’anno). In caso di estinzione anticipata, invece, le tasse sono dovute (con interessi). L’altra faccia della medaglia è che i Pir, la cui disciplina è contenuta nella legge di bilancio 2017 in fase di discussione, puntano a fornire un sostegno all’economia reale italiana costituita in prevalenza da piccole e medie imprese che oggi fanno fatica a trovare credito in banca per via delle regole europee che impongono requisiti severi nell’erogazione del credito. La normativa prevede che i Pir dovranno essere investiti per almeno il 70% in strumenti finanziari (azioni o obbligazioni quotate e non) di aziende italiane o anche europee (dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo) ma con stabile organizzazione in Italia (che quindi pagano le tasse in Italia). Di questo 70%, il 30% (che equivale al 21% dell’investimento complessivo) deve essere composto da strumenti finanziari di società diverse dalle 40 dell’indice Ftse Mib, «in modo da far affluire il denaro», spiega Assogestioni, che già nel 2011 aveva sollecitato l’allora governo Berlusconi a varare i Pir, su aziende anche medio-piccole, quelle quotate sui listini alternativi come Aim, per esempio».

L’Aim è il mercato delle pmi creato da Piazza Affari che oggi ospita 79 aziende quotate, poche rispetto al gemello della borsa di Londra che ne conta oltre 3 mila. Per questo motivo un rilancio dell’Aim potrebbe essere ottenuto attraverso maggiori incentivi fiscali per investire in pmi. Non solo: «L’introduzione di incentivi fiscali potrebbe favorire, su esempio di esperienze estere di successo, la nascita di fondi dedicati», spiega Anna Lambiase, amministratore delegato di Ir Top. Si innescherebbe dunque un circolo virtuoso tale da dirottare più risorse sulle pmi italiane. «Un maggior numero di investitori sul segmento delle mid e small cap quotate, e il conseguente flusso di capitali, avrà l’effetto di aumentare la liquidità e la credibilità del mercato. Un maggior numero di pmi inizierà a valutare l’opportunità di raccogliere risorse tramite quotazione e nuovi investitori indirizzeranno capitali sul mercato. L’obiettivo delle agevolazioni è proprio innescare questo circolo virtuoso». I Pir sono quindi l’innesco di questo meccanismo. «Se crescono le piccole imprese, che costituiscono l’ossatura dell’industria italiana, cresce il Paese», afferma l’associazione del risparmio gestito presieduta da Tommaso Corcos, che in questi anni ha lavorato molto perché fossero introdotte forme di incentivo di questo tipo per allinearsi a nazioni come Francia e Regno Unito, con i plan d’épargne en action e gli individual savings accounts.

Tecnicamente, ogni risparmiatore potrà essere titolare di un solo Pir che funge da contenitore dove potranno essere inseriti i vari strumenti finanziari. Quindi la veste potrà essere quella di un fondo comune, di una polizza, di una gestione patrimoniale o anche di un semplice deposito titoli collegato al conto corrente. In prima fila ci sono le società di asset management già pronte per raccogliere la proposta lanciando Pir sotto forma di fondi comuni specializzati in azioni di pmi. «Crediamo che i risparmiatori possano massimizzare il ritorno sul capitale solo affidando a professionisti la gestione dei loro piani di risparmio a lungo termine. L’approccio fai-da-te espone i portafogli a rischi non controllati», afferma Daniele Colantonio, head of business development di Anthilia Capital Partners. In prima fila ci sono le società che già gestiscono comparti specializzati in small cap di Piazza Affari. In totale questi fondi sono soltanto cinque, di cui due lanciati nel corso di quest’anno. Gli altri tre si piazzano tutti (tabella a pagina 9) ai vertici della classifica dei rendimenti a 12 mesi fra tutti gli azionari Italia. Primo a un anno è Arca Economia Reale Equity Italia I (per istituzionali) di Arca fondi sgr con +3,3%, seguito dal Symphonia Azionario Small Cap Italia (+2,6%) e dalla classe retail di Arca Economia Reale Equity Italia con il 2,3%. «Symphonia sgr ha una affermata tradizione nel campo degli investimenti in titoli small cap domestici. Il nostro è un fondo small cap azionario puro di lunga storia e grande soddisfazione, totalmente investito in titoli non Ftse Mib. Oggi un prodotto puro costituisce abbastanza una rarità sul mercato dove, nel campo delle small cap italiane, esistono per lo più fondi misti ma non totalmente dedicati», sottolineano Samantha Melchiorri e Guido Crivellaro, gestori del fondo di Symphonia che è stato lanciato nel 2009 ed è primo per rendimento a tre anni tra tutti gli azionari Italia con un rendimento del 10,4%.

Arca ha lanciato Economia Reale Equity Italia nell’aprile 2015 «per finanziare la crescita delle pmi che rappresentano le realtà più competitive e dinamiche del nostro sistema produttivo, che hanno in genere eccellenti fondamentali e hanno mostrato una grande capacità di tenuta anche nella lunga fase di stagnazione che ha interessato il Paese. Il nostro fondo investe già il proprio portafoglio nelle pmi quotate sui mercati Star e Aim, come sarà previsto dalla normativa in esame», dice Ugo Loser, ad di Arca Fondi sgr. Secondo Loser «in una fase come l’attuale di tassi dei titoli di stato pari a zero, risparmiare la tassazione del rendimento su obbligazioni corporate o azioni può davvero fare la differenza sul risultato finale dell’investimento. Il risparmio gestito è lo strumento più adatto per farlo, in quanto diversificato e gestito da società vigilate dalla Banca d’Italia, quindi accessibile con fiducia da una larga fetta di risparmiatori, anche quelli con meno esperienza». I Pir potranno veicolare capitali alla quasi totalità delle imprese italiane, quotate e non, «per questa via, secondo le stime dei tecnici, potrebbero affluire alle pmi circa 10 miliardi di euro l’anno. Ricordiamo che le famiglie hanno una ricchezza mobiliare che la Banca d’Italia valuta in circa 3.800 miliardi», osserva Loser.

In questo contesto, però, «la sola emissione di una legge che introduce una nuova forma di investimento potrebbe non bastare per mobilitare grandi quantità di risparmio, in questo caso serve anche un cambiamento culturale. E’ fondamentale quindi che gli operatori specializzati nel settore spieghino adeguatamente i vantaggi dei Pir sia per i risparmiatori sia per le aziende, nonché i ritorni per l’economia reale. Ovviamente i vantaggi fiscali possono rappresentare un buon argomento di immediata comprensione per convincere i risparmiatori a partecipare», conclude l’ad di Arca Fondi. Accanto ad Arca e Symphonia, dispongono di fondi specializzati sulle pmi di Piazza Affari anche Eurizon Capital e Anima . Entrambe stanno studiando come poter offrire ai risparmiatori prodotti legati ai Pir. «Anima Iniziativa Italia, focalizzato proprio sulle small-mid cap italiane, potrebbe già rientrare tra gli strumenti contemplati dal provvedimento. Stiamo inoltre studiando nuove iniziative che potranno essere finalizzate una volta conosciuti i dettagli della nuova normativa», dice Claudio Tosato, direttore prodotti di Anima sgr. Tosato pone l’accento sul fatto che «le famiglie italiane sono alla costante ricerca di nuove fonti di rendimento. E i Pir, grazie all’accesso a un segmento di strumenti finanziari caratterizzato da un potenziale di redditività superiore rispetto agli ormai avari Btp, ma soprattutto grazie al significativo incentivo fiscale offerto, riusciranno a catturare l’attenzione degli investitori. Non ultimo, i Pir potranno giocare un ruolo positivo nello stimolare la cultura dell’investimento di lungo periodo». Anche Anthilia «sta studiando l’opportunità di un fondo dedicato alle mid e small cap italiane», spiega Colantonio. «L’obiettivo è offrire ai clienti un prodotto per beneficiare delle agevolazioni fiscali».

Ma non mancano obiezioni. Che ci sia bisogno di qualche forma di aggiustamento è il parere di Giovanni Sabatini, direttore generale dell’Abi: «La norma sui Pir è un passo avanti molto positivo nella direzione di convogliare verso le imprese nuovo capitale di rischio, indispensabile in un momento come quello attuale in cui il canale bancario deve essere affiancato da ulteriori strumenti per far affluire capitale, soprattutto di rischio, alle aziende. Penso però che si potrebbe far un passo ulteriore per non rischiare che tutte le risorse vadano a sostenere solo gli obiettivi delle imprese di medie dimensioni. Forse si potrebbe riservare una quota della massa complessiva di investimenti a favore della piccole società, a cominciare da quelle che hanno i requisiti per accedere al Mercato alternativo del capitale, l’Aim». Anche Roberto Lenzi, partner dello studio legale Lenzi e Associati, evidenzia la necessità di vincolare il veicolo di investimento a investire una parte importante, e non minimale, delle somme raccolte nelle aziende minori quotate sul mercato Aim. Che peraltro «presenta alcuni difetti che ne limitano l’efficienza quali l’illiquidità e gli elevati costi di quotazione». Lenzi auspica anche un’estensione dei benefici fiscali dei Pir oltre il quinto anno. Per Umberto Borghesi, responsabile investimenti di Albemarle Am, «desta dubbi l’apparente discrezionalità lasciata al gestore di investire il 30% del Pir in altre asset class differenti da azioni quotate, elemento che espone i sottoscrittori a potenziali rischi». (riproduzione riservata)
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