In virtù del principio dell’equivalenza delle condizioni, deve riconoscersi efficienza causale a ogni antecedente che abbia contribuito, anche se indirettamente e in maniera remota, alla produzione dell’evento.

È stata quindi annullata la decisione della Corte d’appello che non aveva correttamente applicato tale principio laddove aveva escluso la riconducibilità dell’invalidità temporanea all’infortunio occorso a donna, riconosciuto come infortunio in itinere, non considerando l’evento come concausa della patologia.

Occorre premettere che la ricorrente, dopo essere scesa dalla macchina con la quale si recava la lavoro, inciampava nel marciapiede e cadeva a terra in avanti, in appoggio sulle mani e sulle ginocchia.

Nel primo referto del pronto soccorso, all’esito delle radiografie, veniva rilevato trauma contusivo mano destra e sinistra, ginocchio destro e sinistro, con prognosi di tre giorni; l’INAIL, riconosceva un periodo di inabilità temporanea, in ragione di detto infortunio in itinere.

Il D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 12, ha espressamente ricompreso nell’assicurazione obbligatoria la fattispecie dell’infortunio in itinere, inserendola nell’ambito della nozione di occasione di lavoro di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 2.

Già in precedenza, tuttavia, con la sentenza n. 1976 del 1972 le Sezioni Unite hanno affermato il principio secondo cui il nesso di occasionalità con il lavoro per l’indennizzabilità dell’infortunio del lavoratore è ravvisabile non solo quando l’infortunio avvenga nell’ambiente di esecuzione del lavoro ma anche quando il fatto, che abbia determinato l’infortunio, pur non verificandosi in tale ambiente, rientra nell’ambito del lavoro assicurato e costituisce uno specifico rischio del lavoro da cui il prestatore d’opera debba essere protetto.

Sempre le Sezioni Unite -cfr, Cass., SU, n. 3734 del 1994- hanno avuto modo di rilevare che la mancanza, nel T.U. n. 1124 del 1965, di una generale previsione di tutela dell’infortunio in itinere non esclude l’indennizzabilità di questo, qualora le circostanze del suo verificarsi siano tali da determinare un vincolo, obiettivamente e intrinsecamente apprezzabile, con la prestazione dell’attività lavorativa.

Tanto premesso, va ricordato che è principio consolidato nella giurisprudenza che anche nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali trova diretta applicazione la regola contenuta nell’art. 41 c.p., per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell’equivalenza delle condizioni, secondo il quale va riconosciuta l’efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell’evento, mentre solamente se possa essere con certezza ravvisato l’intervento di un fattore estraneo all’attività lavorativa, che sia per sé sufficiente a produrre l’infermità tanto da far degradare altre evenienze a semplici occasioni, deve escludersi l’esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge.

La Corte d’Appello, non ha fatto corretta applicazione del suddetto principio laddove, con motivazione contraddittoria, pur facendo riferimento all’evento lesivo come un aggravamento che si inseriva in un quadro degenerativo della cartilagine preesistente al fatto, ha escluso la riconducibilità dell’invalidità temporanea in questione all’incidente occorso, riconosciuto come infortunio in itinere, ritenendo l’evento occasione di evidenza della patologia e non concausa della stessa.

Cassazione civile sez. lav., 11/06/2015 n. 12121