di Francesca Vercesi

Chi ha visto il film Imitation Game sa che le persone autistiche dotate per la crittografia e la matematica possono salvare intere nazioni, altri magari si limitano ad avere un vago ricordo di un certo Alan Turing (il protagonista) che ha dato il suo nome a un famoso test e a una macchina capace di risolvere algoritmi. Se c’è un tema che gli amministratori delegati e i fund manager stanno cominciando a portare avanti (non senza una certa ossessione) è il potenziale delle nuove tecnologie per guidare l’innovazione dei prodotti di risparmio gestito e la crescita del business. Potrebbe la robotica arrivare ad avere la più grande influenza tecnologica di tutti? In un’indagine di Pwc dal titolo «Pulse on robotics» si legge che «c’è spesso la tendenza a inquadrare la robotica sia in termini di intelligenza sovrumana, ovvero automi di metallo luccicante che prendono il controllo della razza umana, sia come sostituti meccanici di figure professionali. La realtà, come sempre, sta nel mezzo: la robotica sta assumendo sempre più un ruolo più cognitivo, che incorpora un elemento del processo decisionale, una volta appannaggio esclusivo delle risorse umane». Sta di fatto che «in un fondo di investimento di Hong Kong si è già avuta l’esperienza di un robot nel ruolo di amministratore delegato e che, all’interno del cda, prendeva le decisioni strategiche e di costruzione dei fondi», racconta Sebastien D’Ornano, chief operating officer di La Financière de l’Echiquier che vede nella robotica e affini un potenziale anche per il mondo degli asset manager. La boutique parigina non ha un proprio fondo tematico sulla robotica ma gestisce, per mandato, il FCM Robotique della C&M Finance. Questo è un azionario che investe nelle aziende globali coinvolte nel settore della robotica con un orizzonte consigliato a cinque anni e un’esposizione ai mercati emergenti limitata al 25%. Fa sapere Didier Le Menestrel, presidente di La Financière de l’Echiquier: «I nostri team hanno avuto la fortuna di varcare la soglia di Fanuc (Factory automation numerical control, ndr), società giapponese specializzata in intelligenza artificiale e robotica. Una sorta di setta, ubicata ai piedi del Monte Fuji, particolarmente segreta nel suo funzionamento. In questa sorprendente azienda, uomini di giallo vestiti costruiscono robot ed elaborano software per farli funzionare. Durante la visita che prosegue poi nelle officine di montaggio non si può non constatare che l’intuizione di Alan Turing era geniale: non sono uomini ad operare, bensì robot che costruiscono altri robot. Oggi oltre il 90% degli ordini di borsa è frutto di operazioni generate da automi e settori come la finanza, la medicina o l’automotive investono moltissimo in queste tecnologie». E conclude: «Il mercato della robotica vale circa 180 miliardi di dollari e, negli ultimi cinque anni, viaggia su una crescita annua del 7%. Il settore robotica e automatismi, distribuito principalmente negli Usa e in Giappone, capitalizza oggi 485 miliardi di dollari e ci ha recentemente regalato una delle nostre migliori performance grazie alla società inglese Renishaw (+33%), specializzata nella produzione di elementi di misura». Secondo Richard Lightbound, partner e ceo di Robo-Stox partners: «Quello di robotica, automazione e enabling technology è un trend secolare ma non immune da cicli economici e di prodotto. Nonostante la debole crescita globale, nel lungo periodo la spesa per la robotica e l’automazione supererà in modo significativo i tassi di crescita del pil globale». Myria Research prevede che l’industria arriverà a più di mille miliardi entro il 2025. La recente volatilità delle azioni della Fanuc, I-Robot e 3D Systems dimostra perché sia difficile misurare le azioni del settore dell’automazione, i cicli di prodotto e le valutazioni specifiche sulle aziende in questa prima fase. Ecco perché in Robo global sono fermi sostenitori di un approccio diversificato. Affermano: «Siamo entusiasti sulle previsioni di crescita nei vari settori tra cui rientrano l’healthcare, i robot collaborativi, i droni, il consumer, la logistica e la stampa in 3D, così come gli sviluppi in settori tecnologici quali i sensori e la navigazione».

 

Intanto Pictet Asset Management ha appena lanciato in Italia il fondo Pictet-Robotics, un azionario che investe in robotica e tecnologie di intelligenza artificiale. Fa sapere il gestore Karen Kharmandarian che «il comparto punta su un settore che nel prossimo decennio dovrebbe crescere a un ritmo quattro volte superiore a quello dell’economia globale. Secondo Boston Consulting Group, la stima della crescita annuale composta nel settore della robotica è il 10% annuo mentre il Pil reale globale è stimato al 3% annuo». Il portafoglio avrà un’esposizione su tre segmenti: l’automazione industriale (produzione, logistica e stampanti 3D), le applicazioni per il consumatore e servizi professionali (domotica, medicina, sicurezza) e le aziende che forniscono tecnologie per permettere ai robot di percepire l’ambiente in cui si trovano. Secondo Massimo Siano, head of Southern Europe per Etf Securities (la società ha emesso un Etf Ucits in materia): «Per gli investitori le prospettive di crescita del settore automazione e robotica sono interessanti.

Tuttavia, sia gli standard tradizionali di classificazione dei settori Global Industry Classification Standard (Gics) sia la classificazione classica dei benchmark Industry Classification Benchmark (Icb), che hanno l’obiettivo di catalogare i settori, non hanno ancora riconosciuto la robotica o l’automazione come un settore ufficiale. Con la creazione della classificazione industriale Robo-Stox si colma questo divario sul mercato, e gli investitori oggi possono reperire più informazioni sulle imprese del settore automazione e robotica». Ma rimane da dibattere una questione esistenziale: il computer potrà un giorno fare a meno dell’uomo? Per Stephen Hawking, il famoso astrofisico inglese, nato negli anni in cui Turing decrittava i codici segreti, la risposta è: «Sì». (riproduzione riservata)