Pagina a cura di Andrea Mascolini 

 

Nuove funzioni per le stazioni appaltanti, predisposizione di soft law di intesa Anac-ministero infrastrutture al posto del regolamento attuativo, valorizzazione e centralità del progetto. Sono queste le linee fondamentali sulle quali si muove il testo del ddl delega sugli appalti pubblici approvato la scorsa settimana dalla commissione ambiente della camera che a breve sarà esaminato dall’aula.

Fra le diverse novità apportate vi è in primo luogo il cambio di impostazione dell’intera operazione normativa, con il recepimento delle direttive europee su appalti e concessioni da realizzare entro la scadenza del 18 aprile 2016, con la successiva messa a punto del nuovo codice entro il 31 luglio 2016.

Viene poi prevista l’eliminazione del regolamento di attuazione del codice dei contratti pubblici che verrà sostituito da linee guida predisposte di intesa fra Autorità nazionale anticorruzione (Anac) e ministero delle infrastrutture (Mit) (e su questo aspetto occorrerà approfondire bene la forma giuridica di questa «soft law» e il grado di vincolatività delle stesse).

Molto profondo è l’intervento che il testo varato in commissione compie sul ruolo delle stazioni appaltanti, visto che il testo chiarisce che il nuovo codice dovrà prevedere che le amministrazioni siano indirizzate verso le attività di programmazione e controllo. Conseguentemente nel testo varato in commissione si prevede che l’incentivo non possa essere concesso per la progettazione.

Ma è sul fronte della disciplina della progettazione che vi sono i maggiori contenuti innovativi del testo che già al senato aveva visto una particolare attenzione a questa fase procedurale. Importante è l’accenno previsto nel testo varato in commissione alla piena accessibilità, visibilità e trasparenza, anche in via telematica, degli atti progettuali, «al fine di consentire un’adeguata ponderazione dell’offerta da parte dei concorrenti». Ma è sul piano della qualità, a partire dal richiamo ai concorsi di progettazione, per arrivare all’eliminazione del criterio del massimo ribasso per le gare di progettazione, già inserito oggi nel dpr 207/2010 ma spesso eluso soprattutto per gli affidamenti di direzione lavori, che si dà un segnale importante alle stazioni appaltanti e agli operatori del settore.

Non da poco è poi la fortissima limitazione degli appalti integrati che saranno possibili soltanto ponendo a base di gara il progetto definitivo (non più quindi il preliminare con il definitivo presentato in gara da tutti i concorrenti) e l’affermazione della regola generale per cui i lavori devono essere appaltati sulla base del progetto esecutivo (l’eccezione è la presenza di componenti innovative e tecnologiche per più del 70% e l’appalto di opere puntuali; in questi casi è possibile l’appalto integrato). A questa limitazione dell’appalto integrato, che creerà certamente un maggiore mercato per i progettisti, vanno aggiunti gli interventi finalizzati a favorire l’uso del cosiddetto «débat pubblic», strumento di democratizzazione del percorso di realizzazione delle opere pubbliche, e si ha così un’idea del netto rafforzamento della fase progettuale che mira anche a ridare dignità al progetto e al progettista.

C’è poi la nuova disciplina degli affidamenti in house dove si è trovato un primo punto di equilibrio sull’obbligo di terziarizzazione che passa dal 100% delle attività, all’80% (l’in house sarà possibile per il 20%). Per i lavori si tratta di un incremento del ricorso al mercato del 20% in più rispetto al regime attuale, per servizi e forniture, invece, si tratta di una vera e propria rivoluzione visto che ad oggi non esiste alcun obbligo di affidare a terzi.

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