di Jole Saggese

L’imposizione da parte di Banca d’Italia a Fininvest di scendere entro 30 mesi sotto il 10% nel capitale di Mediolanumnon avrà alcuna ripercussione sulla società. L’opinione rassicurante viene dal fondatore Ennio Doris che anzi, in questa intervista a Class Cnbc (televisione del gruppo Class Editori), fa balenare la possibilità che a rilevare parte delle quote che Fininvest dovrà cedere sia proprio la sua famiglia, già primo azionista con una quota circa del 40%. 
Per riepilogare, va detto che il gruppo bancario sin qui è stato regolato in termini di governance da un patto di sindacato stretto tra Fininvest e Fin.Prog. nel quale erano conferite 375,76 milioni di azioni, equamente ripartite, che rappresentavano il 51% del capitale sociale, rendendo di fatto non contendibile l’azienda. Ciascuno dei due soci, finora, ha designato sette consiglieri in un cda composto da 15 membri. Accordi destinati tuttavia a cambiare perché ora il patto sarà sciolto proprio per via della sospensione dei diritti di voto sulla quota Fininvest eccedente il 9,9% del capitale di Mediolanum. Al momento non risulta ancora fissato un cda di Fininvest, che tuttavia dovrà riunirsi a stretto giro per esaminare le varie alternative a disposizione per ottemperare alle richieste della Vigilanza. Intanto venerdì 10 il titolo Mediolanum in borsa ha pagato con un calo del 3% (a 5,05 euro) la nuova situazione che si sta delineando a monte del gruppo bancario.

Domanda. È corretto dire che la decisione di Bankitalia è un atto quasi dovuto dopo che Mediolanum è sempre più incanalata nel ruolo di banca a tutti gli effetti?

Risposta. 
Certamente, perché Mediolanum, quotata in Borsa, è diventata un gruppo bancario e per questo è scattato il provvedimento.

D. Questo che cosa significa?

R. Si tratta di una legge europea che prevede l’alienazione delle partecipazioni bancarie quando si perde l’onorabilità. In questo caso a dover essere messa in vendita è una quota che si aggira sul 20% del capitale. L’intenzione di Fininvest, mi sembra di capire, è costituire un blind trust che avrà 30 mesi di tempo per occuparsi dell’alienazione. È una cosa che a me dispiace molto e quindi esprimo tutta la mia solidarietà e affetto al mio partner,, al quale devo moltissimo. Saranno quasi tre anni di tempo durante i quali la Fininvest o il blind trust prenderanno le loro decisioni.

D. Veniamo a Mediolanum. In questo momento il flottante passa dal 30 al 50%. Questo cosa comporta?

R. Innanzitutto in Mediolanum non cambia niente perché già da prima la gestione era in mano alla mia famiglia e quindi non ci sono cambiamenti. 
Inoltre con il venir meno del patto la famiglia Doris, che possiede oltre il 40% delle azioni, mantiene un controllo di fatto molto solido. Poi, quando la Fininvest cederà le azioni, queste potranno essere trasferite anche all’interno della famiglia Berlusconi. Nel caso in cui venissero cedute al di fuori io farò parte di quelli che le vorrà comprare.

D. Comprerebbero i membri della sua famiglia?

R. Noi, come famiglia, avendo già oltre il 40%, non avremmo bisogno di crescere ancora, ma l’affetto per questo gruppo è così forte che io salirei un po’ e mi metterei assieme ad altri che volessero comprare. Naturalmente tengo a che l’azienda rimanga quotata in Borsa, quindi non rileverei tutto il 20%, starei sicuramente sotto quelle soglie che farebbero scattare l’opa, ma il mio interesse c’è. E le garantisco che il giorno in cui metteranno le quote sul mercato, Fininvest troverà la fila di pretendenti. In passato abbiamo ricevuto diverse manifestazioni di interesse da parte di istituti, richieste che a suo tempo abbiamo rigettato all’istante. Il pacchetto troverebbe sicuramente collocamento.

D. Riguardo a Fininvest, in questi giorni si leggono diverse notizie che vogliono Mediaset sempre più vicina a Telecom Italia. Ceduta Mediolanum, Fininvest avrebbe più liquidità. Cosa ne potrebbe fare?

R. Non lo so, non conosco i loro progetti. Io spero tanto che la partecipazione rimanga nella sfera della famiglia e comunque questo è un suggerimento che darò a loro, se interpellato, perché il futuro di questa azienda si prospetta molto positivo e io vedo pochi investimenti migliori. Quindi al posto loro cercherei di tenerla, pur nel rispetto della legge, all’interno della famiglia. Ovvio che nel momento in cui la quota dovesse andare al di fuori della famiglia, io farei la mia parte.

D. Come sta andando Banca Mediolanum? Quali sono gli scenari in questo momento per il mondo bancario? C’è grande attesa per quelli che saranno gli esiti dopo gli incontri delle diverse realtà bancarie con la Bce.

R. Se noi andiamo a vedere il common ratio Tier 1, questo indice che la Bce ha imposto e che deve essere superiore all’8% in situazioni normali e al 5,5% in situazioni di stress, troviamo che le prime cinque banche sono comprese tra il 12% e il 14%. Ebbene, al 30 giugno Banca Mediolanum si trovava al di sopra del 18%.

D. Senta, il Jobs Act è il provvedimento che serve di più all’Italia e all’economia italiana?

R. Serve anche questo nel senso che noi viviamo in un mercato europeo in ci molti Paesi hanno l’euro come valuta. Il problema è che leggi e pressioni fiscali sono diverse. Quindi le condizioni nelle quali lavorano le imprese degli altri Paesi europei sono determinanti per le condizioni che dobbiamo avere noi per poter stare insieme, altrimenti finiamo per essere l’ultima ruota del carro. E questo significa un mercato del lavoro più flessibile perché lo è negli altri Stati che hanno l’euro, ma anche una minore pressione fiscale e anche meno burocrazia, che ha i suoi costi. Questo è il secondo atto, in quanto il primo sono stati gli 80 euro che hanno dato un minimo di sollievo a una certa fascia di famiglie. Adesso c’è il Jobs Act e sembra che si vada verso un mercato del lavoro più flessibile anche in Italia. (riproduzione riservata)