DI MARCO BERTONCINI

L’introduzione della tassa sulle transazioni finanziarie è stata salutata da l’Unità come un proprio successo politico. Il direttore Claudio Sardo ha titolato il proprio fondo «Un grazie ai nostri lettori», rivendicando di aver condotto la battaglia per tale spremitura «in posizione spesso solitaria». Le decisioni del governo di procedere con inasprimenti fiscali (basta pensare all’incremento dell’Iva, per la quale si sbandiera gran vanto perché meno pesante del previsto) confermano la strada scelta fin dal decreto-legge tassa-Italia, pomposamente battezzato salva-Italia e tale definito dalla stampa massicciamente sostenitrice. Nulla di nuovo, insomma. A pagare la cosiddetta Tobin tax saranno, ovviamente, i risparmiatori, così come saranno i consumatori a saldare il conto finale dell’Iva. Da sinistra ci si duole per i tagli alla sanità e alla scuola, veri, verosimili o presunti. Dovrebbero spiegare, coloro che si lamentano, come si potrebbero raddrizzare i conti, con una pressione fiscale inverosimile e con un debito pubblico che continua a crescere, senza operare riforme vere, che producano non tagli transitori, bensì l’abolizione medesima delle fonti di spesa. Guai a toccare lo Stato sociale, continuano a ripetere da sinistra. Peccato che sia proprio lo Stato sociale, inteso com’è successo da noi, a causare il tracollo. Il ministro della Salute è orripilato per i tagli al suo dicastero. In realtà, non tagli occorrerebbero, bensì una totale riscrittura del famigerato servizio sanitario nazionale, fonte prima delle spese regionali. Così come richiederebbe una totale spolpatura l’eccesso di livelli di governo territoriale, col convergente eccesso di enti. E ci sarebbero pure i tentativi di colpire la riforma delle pensioni, insufficien-te nonostante le proteste. Primo fra tutti i picconatori è l’ex sindacalista della Cgil, già titolare del Lavoro, Cesare Damiano, il quale riesce ad attrarre sulle proprie proposte pensionistiche l’intero arco politico, nonostante l’assoluta e certificata scopertura finanziaria. Ancora una volta, si va avanti con le manovre e con le collegate tasse, comunque denominate. In tali condizioni, c’è da chiedersi se sia accettabile agli elettori del Pdl la proposta di tenersi Mario Monti come potenziale numero uno della teorica e futuribile alleanza dei moderati. Un tecnico che con testarda coerenza procede usando il fi sco e non le riforme può trovare l’adesione dei tanti delusi della mancata rivoluzione liberale? © Riproduzione riservata