di Corrie Driebusch e Aaron Kuriloff – traduzione di Giorgia Crespi
Il sell-off di martedì scorso ha nuovamente scosso i mercati azionari e obbligazionari, intensificando le preoccupazioni che la ripresa della volatilità possa costringere alla vendita una particolare categoria di hedge fund che sfrutta il prestito per aumentare i rendimenti. I cosiddetti «fondi a parità di rischio» mirano a produrre guadagni superiori a quelli di mercato e a basso rischio mediante l’utilizzo di future oppure di altri derivati per accrescere i rendimenti di attività più sicure come le obbligazioni.

Questo leverage ha talora portato a una solida performance di questi fondi, che secondo gli analisti controllano decine di miliardi di dollari di asset. Ma li ha resi anche vulnerabili quando i prezzi dei titoli flettono improvvisamente, come accaduto venerdì e martedì scorsi, appunto. Proprio martedì, infatti, il Dow Jones Industrial Average ha perso 258,32 punti attestandosi a quota 18.066,75 e lo S&P 500 ha ceduto l’1,5%, segnando la terza variazione negativa consecutiva di oltre l’1%. L’incremento della volatilità segue un periodo di 43 giorni di calma piatta. Anche il T-bond a dieci anni è crollato, portando il rendimento a 1,732%, il massimo dal mese di giugno.

In linea di massima, i risk-parity fund mirano a pareggiare la volatilità potenziale di un portafoglio che include azioni, obbligazioni e asset come le commodity, applicando una leva a basso rischio, ovvero investimenti che prevedono un rendimento contenuto come i titoli di Stato. Ciò significa che in alcuni casi le azioni rappresentano una frazione molto più piccola rispetto al tradizionale 60% bilanciato da un 40% di obbligazioni. Durante una fase di depressione della volatilità, tali fondi sono in grado di far salire le partecipazioni azionarie e mantenere comunque un profilo di bassa volatilità.

Il pericolo, secondo alcuni analisti, si presenta se obbligazioni e azioni crollano entrambe per un periodo prolungato; in tal caso i fondi possono essere costretti a ridurre la leva finanziaria mediante la vendita di investimenti, peggiorando un contesto di mercato già negativo. «Siamo long sui rischi in tutto il mondo; e se andiamo lunghi su tutto, tutto può scendere», chiarisce Michael Mendelson, dirigente Aqr Capital Management, che a fine giugno gestiva 26,6 miliardi di dollari per le strategie di parità di rischio. «E non c’è modo di evitarlo». Alcuni gestori ritengono che un breve calo in tutte le classi di attivi non segnali necessariamente la vendita da parte dei fondi risk-parity e non influisca negativamente su chi ha diversificato con successo per tutelarsi da diversi rischi.

Nonostante l’ampiezza del declino dei mercati Ed Peters, partner e responsabile delle strategie a parità di rischio per First Quadrant, racconta che la sua azienda non è stata costretta a modificare in modo sostanziale l’esposizione nel corso del sell-off di venerdì scorso. «È stata una disastrosa giornata di ribassi? Per noi no, perché non abbiamo una leva finanziaria così elevata», spiega.

La valutazione del rischio posto da queste strategie è diventata marginale per Wall Street. Una ricerca di Bank of America e Jp Morgan la scorsa settimana ne ha evidenziato il potenziale impatto sul mercato. Analisti e gestori di fondi risk parity non concordano su aspetti basilari come l’allocazione di capitale in queste strategie e l’entità della leva. Per quanto sia da appurare se i fondi risk-parity abbiano scaricato investimenti nel corso delle sedute di venerdì e martedì, molti investitori e analisti stanno scandagliando i mercati in cerca di segnali di incremento della pressione alla vendita da parte di fondi che perseguono strategie quantitative simili. «Potrebbe creare un circolo vizioso che spinga gli altri investitori a vendere, provocando ulteriore volatilità», dice Benjamin Bowler, responsabile della ricerca derivati azionari a Bank of America Merrill Lynch.

In base alle stime di BofA, i recenti cali potrebbero innescare nei prossimi giorni una vendita azionaria globale di 18 miliardi di dollari da parte dei fondi a volatilità controllata, compresi quelli a parità di rischio; più che dopo la Brexit, ma meno dei 70 miliardi di dollari stimati per un periodo di una decina di giorni nell’agosto 2015.

Dopo un lungo torpore d’altronde la volatilità è tornata. Il Cboe Volatility Index, che misura le aspettative degli investitori per le oscillazioni delle borse nei prossimi 30 giorni, martedì ha segnato un balzo del 18% al livello di 17,85, il massimo dal 28 giugno scorso. L’acutizzazione dei movimenti si presenta in un momento in cui azioni e obbligazioni sono negoziate a prezzi insolitamente elevati e in cui gli investitori nutrono dubbi sull’efficacia degli interventi messi in campo dalle principali banche centrali.

Malgrado anche i promotori riconoscano che non sono infallibili, le strategie di risk-parity hanno per lo più conseguito ottimi risultati negli ultimi anni. All Weather, il fondo risk-parity di Bridgewater Associates, quest’anno ha reso oltre il 13%. L’effettiva concretizzazione dei tanto temuti risvolti negativi probabilmente dipenderà da quanto azioni e obbligazioni resteranno strettamente correlate e per quanto tempo la volatilità si manterrà relativamente elevata. «Nella costruzione di un portafoglio del genere si presuppone che azioni e obbligazioni non siano perfettamente correlate», puntualizza Sameer Samana, global quantitative strategist a Wells Fargo Investment Institute.
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