Sono stati presentati presso l’Istituto Luigi Sturzo i risultati della seconda edizione della ricerca di Cittadinanzattiva “Fasce deboli e servizi pubblici locali: quali tutele per una vita sostenibile delle famiglie”.
L’iniziativa è stata realizzata in collegamento con il programma “Gli scenari del welfare” promosso dal Forum ANIA Consumatori e finalizzato all’approfondimento degli scenari attuali e delle prospettive del sistema di welfare nazionale.

“Gli scenari del welfare” sviluppa una approfondita analisi sul sistema di welfare del nostro Paese e sulle sue prospettive di sviluppo futuro, elaborata con il coinvolgimento scientifico del Censis, finalizzato ad evidenziare le aree di convergenza tra consumatori e imprese assicuratrici su tale delicato tema. Il tutto partendo dalla comune constatazione che il sistema attuale non ha la capacità di individuare prontamente i nuovi bisogni e rispondere a essi in maniera soddisfacente. Esso risulta statico, focalizzato quasi esclusivamente su pensioni e sanità e non in grado di rispondere alle esigenze della popolazione dell’Italia di oggi.
Sulla scorta di queste premesse, i rappresentanti di consumatori e assicuratori riuniti nel Forum hanno individuato una serie di proposte condivise che mirano a promuovere trasparenza, equità, efficienza e affidabilità del sistema italiano di welfare, nonché a stimolare maggiore attenzione verso la prevenzione dei rischi legati alla salute ed alla non autosufficienza in tarda età, conseguenze dell’evoluzione demografica del nostro Paese

Fasce deboli e servizi pubblici locali: quali tutele per una vita sostenibile delle famiglie.
La ricerca di Cittadinanzattiva mette in rilievo un’altra criticità che la ritirata del welfare comporta per i bilanci sempre più traballanti delle famiglie italiane: il peso sempre crescente del costo dei servizi pubblici locali.
Le famiglie in condizioni di povertà assoluta, nel 2015, rappresentavano il 6,1% sul totale, rispetto al 5,7% dell’anno precedente. In termini di povertà relativa l’incidenza è del 10,4%, stabile rispetto al 2014. La povertà relativa è appunto “relativa” agli fruizione di beni e servizi e ha un impatto considerevole sui bisogni che vanno al di là della semplice sopravvivenza, dipendenti dall’ambiente sociale, economico e culturale e che quindi variano nel tempo e nello spazio. A fine 2014 era indebitato il 23% delle famiglie italiane per un ammontare medio di poco più di 44.000 euro.
In questo quadro difficile tra le componenti che incidono sul livello di povertà o vulnerabilità non va sottovalutato il ruolo giocato dai servizi pubblici, che rappresentano un elemento importante nella quotidianità delle famiglie perché costituiscono uno strumento essenziale in termini di solidarietà sociale, redistribuzione della ricchezza ed esercizio dei diritti di cittadinanza.
La ricerca mostra le difficoltà economiche delle misure attualmente in vigore per il sostegno alla famiglia media italiana, diventata sempre più negli anni soggetto debole, stretta fra crisi economica e un sistema di welfare non più adeguato e capillare ad una società profondamente mutata. Dai dati della ricerca si evincono misure deboli e disomogeneità dei costi e dei servizi, mentre da anni si chiede alle istituzioni di fornire ai cittadini risposte concrete in termini di adeguatezza ed efficacia dei servizi pubblici locali, che da sempre svolgono una importante funzione di supporto al welfare.

Abitazione: mutui ed affitti
Le spese per l’abitazione e relative utenze rappresentano il 36,1% dell’intera spesa annua media delle famiglie italiane. Secondo i dati Istat nel 2014 l’81,5% delle famiglie ha un’abitazione di proprietà, mentre il restante 18,5% paga un affitto. Relativamente alle abitazioni di proprietà una voce che grava sulle famiglie è la Tasi (abolita per le abitazioni principali a partire dal 2016). In media per un’abitazione di tipo economico (classe A3) l’importo si aggira intorno ai € 145 ma con rilevanti differenze nei territori in base alla rendita catastale dell’immobile e all’aliquota applicata dal comune.
L’importo medio dei mutui richiesti nell’intero anno 2015 è calato, attestandosi a 122.176 Euro rispetto ai 124.343 Euro dell’anno precedente, confermando così un trend in contrazione che perdura da diversi anni. Complessivamente, l’importo medio dei mutui richiesti nel corso del 2015 è calato del -11,3% rispetto ai valori del 2008, prima che la crisi si manifestasse.
L’Italia è agli ultimi posti delle classifiche europee per la percentuale di alloggi sociali calcolata sul totale dello stock in affitto sotto il 5%, contro una media intorno al 25% degli altri paesi.
Sul fronte del fabbisogno abitativo si calcolano oggi circa 650 mila domande nelle graduatorie dei Comuni in attesa per l’assegnazione di un alloggio, alle quali si somma un fabbisogno non quantificato di potenziali richieste di alloggi sociali di persone che sono entrate nella fascia di necessità ma non hanno ancora presentato domande per un alloggio.

Le utenze domestiche
Nel 2014, l’11,3% ha dichiarato di avere arretrati nel pagamento delle bollette, dato in crescita rispetto all’anno precedente. Dato, dal nostro punto di vista, ascrivibile non solo alla condizione economica delle famiglie ma anche a fenomeni in atto rispetto ad alcune utenze, quali onerose fatture di conguaglio che hanno caratterizzato negli ultimi anni soprattutto la fornitura di gas, energia elettrica e acqua.

Segnalazioni dei cittadini al PiT Servizi su fatturazione e aumento delle tariffe

Utenza

% sul totale servizio

Energia elettrica

51,4%

Gas

50%

Servizio idrico

86%

Rifiuti urbani

78,8%

Telefonia fissa

17,9%

Telefonia mobile

44,5%

Fonte: Cittadinanzattiva – Rapporto PiT servizi, 2015

Per fare una simulazione, abbiamo considerato una famiglia di tre persone (due componenti adulti ed uno in fascia 0-3 anni) che vive in un’abitazione di proprietà di 100 m2, consuma 2.700 kWh annui di energia elettrica, 1.400 m3 annui di gas, 192 m3 di acqua e possiede un reddito Isee di 19.900 euro. Nel 2015 ha speso in media 515 euro per la fornitura elettrica, 1.114 euro per la fornitura di gas, 298 euro per la gestione dei rifiuti urbani e 376 euro per il servizio idrico integrato. A tutto ciò si aggiungono 685 euro per i servizi di telefonia fissa, mobile e internet. Il totale ammonta a 2.988 euro annui. Alla nostra famiglia di riferimento non spetta alcuna forma di agevolazione rispetto ai servizi considerati.

Gli asili nido comunali
Dalla rielaborazione dei dati derivanti dal “monitoraggio delle Regioni e Province Autonome” dell’Istat emerge che nel 2013 il numero degli asili nido a titolarità pubblica ammontava a 3.978, e quello dei nidi a titolarità privata a 5.372. La disponibilità dei posti era di 162.913 nelle strutture a titolarità pubblica e di 110.666 in quelle a titolarità privata. Complessivamente, su 273.579 posti disponibili, il 59% è offerto da strutture pubbliche e il 41% da strutture private.
L’indagine dell’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva considera una ipotetica famiglia composta da tre persone (genitori più un bambino di 0-3 anni) che percepisce un reddito lordo annuo pari a 44.200 euro, al quale corrisponde un Isee di 19.900 euro. Oggetto della ricerca sono state le rette applicate al servizio di asilo nido comunale per la frequenza a tempo pieno (in media 9 ore al giorno) e, dove non presente a tempo corto (in media 6 ore al giorno), per cinque giorni a settimana. Le annualità di riferimento sono il 2013/14 e 2014/15.
Mediamente una famiglia italiana spende 311 euro al mese per mandare il proprio bambino all’asilo nido comunale.
Nel caso specifico della nostra famiglia di riferimento, la spesa media mensile per la retta del nido comunale ammonta al 12% della spesa media mensile. Dal lato della domanda si registra invece una maggiore difficoltà delle famiglie a sostenere le rette e delle amministrazioni comunali a sostenere il sistema integrato, quindi un aumento di elementi di criticità nella copertura dell’offerta.

Le cure sanitarie
I dati Istat ci dicono che nel 2015 la spesa media sostenuta da una famiglia per farmaci e prestazioni sanitarie è di 1.353 euro e rappresenta il 4,5% della spesa media familiare annua. Tutte le Regioni prevedono sistemi di compartecipazione alla spesa sanitaria, ma tali sistemi si differenziano sia in relazione alle prestazioni su cui si applicano, sia in relazione agli importi che i cittadini sono tenuti a corrispondere, sia in relazione alle esenzioni previste.
Dalla relazione dello scorso marzo della Corte dei Conti, nel 2015 rispetto al 2014, si evince un aumento del 4,5% relativamente alla compartecipazione dei cittadini alla spesa per farmaci, a fronte di una riduzione del 2,2% sul fronte della compartecipazione sulla spesa per le prestazioni. L’11,3% del totale segnalazioni giunte al servizio PiT salute di Cittadinanzattiva sono relative ai costi a carico dei cittadini.