di Carlo Brustia

L’operazione-derivati tra Morgan Stanley e il ministero dell’Economia, chiusa tra il 2011 e il 2012, ha provocato danni erariali per circa 4 miliardi di euro. La Procura regionale del Lazio della Corte dei Conti, dopo aver terminato la fase istruttoria, ha presentato alla banca statunitense e ad alcuni ex dirigenti del Tesoro italiano quello che in gergo si chiama l’invito a dedurre. Tra i nomi interessati dalla procedura ci sarebbero gli ex direttori generali del Tesoro Vittorio Grilli e Domenico Siniscalco, oltre a Maria Cannata (direttore del Debito Pubblico) e Vincenzo La Via (predecessore di Cannata). I soggetti interessati avranno 30 giorni di tempo per presentare documenti o informazioni a propria discolpa e, se non saranno ritenuti sufficienti, la Corte dei Conti potrà procedere portando in giudizio le parti.

La colpa dei dirigenti del ministero sarebbe quella di aver concesso a Morgan Stanley una clausola non compatibile con gli obiettivi di gestione del debito pubblico del Tesoro. Di fatto, l’esposizione dello Stato nei confronti dei creditori si spalma in un periodo di medio o lungo termine, mentre quella clausola imponeva alla Stato di chiudere immediatamente tutta l’esposizione verso quella banca. In particolare, Morgan Stanely poteva chiedere all’Italia la chiusura di tutte le posizioni debitorie qualora l’esposizione creditizia avesse superato un limite prestabilito. Tra il 2011 e il 2012, in piena turbolenza finanziaria con gli spread impazziti, Morgan Stanley chiese l’attivazione della clausola, sebbene già altre volte si fosse verificato l’evento per chiedere la risoluzione. E il governo Monti obbedì sborsando la bellezza di 3,1 miliardi di euro. (riproduzione riservata)
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