Via dall’Italia. È il leit-motiv che sta accompagnando da anni gli asset manager tricolori, impegnati in un processo di migrazione delle masse in gestione verso lidi come il Lussemburgo e l’Irlanda. L’idea di base è abbandonare le posizioni marginali, come l’Italia appunto, e diventare più internazionali. Così, alla fine, Banca Generali ha pensato bene di cedere il business dei fondi di diritto italiano di Bg Sgr (ormai ridotto all’osso) a Generali Investment Italy. Si tratta dei tre fondi Bg Focus Monetario, Bg Focus Obbligazionario e Bg Focus Azionario, che gestiscono complessivamente 410 milioni di euro. La decisione è stata presa ieri dal consiglio di amministrazione, riunitosi sotto la presidenza di Giovanni Perissinotto. «La cessione, che comporta un corrispettivo di 5,5 milioni di euro, e una plusvalenza netta di 3,8 milioni, risponde alle esigenze di razionalizzazione delle attività di gestione del gruppo – spiegano da Banca Generali – In sostanza, a Bg Sgr (che sotto il cappello di Banca Generali conserverà un patrimonio di circa 1 miliardo, ndr) vengono demandate le gestioni di portafoglio, mentre viene confermato il ruolo di riferimento di Generali Fund Management nella istituzione e gestione di fondi e Sicav». Inoltre, nell’ottica di una maggiore internazionalizzazione, Banca Generali continuerà a perseguire un modello di architettura aperta (ne è una testimonianza il recente ingresso di Franklin Templeton in Bg Selection con il Multi Alpha Fund), che nei primi sei mesi dell’anno gli ha permesso di rastrellare sul mercato 200 milioni; in netta controtendenza rispetto al trend generale dell’industria, in rosso da inizio anno (tra italia ed estero) per circa 3 miliardi.
Ma la raccolta Banca Generali l’ha fatta soprattutto con Bg Selection Sicav, ovvero con i fondi di diritto estero. I prodotti di casa nostra, quelli di Bg Sgr, invece, hanno chiuso il semestre con un rosso di 81 milioni. Numeri che bastano a spiegare il perché di questa cessione. Tant’è che se si va ad analizzare il patrimonio in gestione della società di gestione italiana ne emerge un vero e proprio tracollo in termini di masse. Basti pensare che a gennaio del 2006, stando ai dati Assogestioni, Bg Sgr contava circa 5 miliardi di asset in gestione; oggi, invece, ne conta 1,4 miliardi. Il tracollo, comunque, non ha interessato solo Banca Generali, ma tutto il sistema, che oggi vede al comando i fondi domiciliati oltre confine con una quota di mercato del 61,5%, corrispondente a 282 miliardi di masse. I prodotti tricolore, invece, pesano per il 38,5%, con 177 miliardi (nel 2003 gli asset in mano ai gestori italiani erano 380 miliardi).
Dunque, la recente riforma del regime fiscale sui fondi, con il passaggio da una tassazione sul maturato a una sul realizzato, non è servita a risollevare le sorti del gestito italiano. E ora che è stato rotto il ghiaccio, se anche gli altri asset manager dovessero seguire l’esempio di Banca Generali, non è difficile immaginare quale potrebbe essere il risultato finale: l’Italia perderà un’altra industria, una delle poche rimasta, e sarà destinata a diventare un semplice Paese di distributori.