I prof devono dimostrare di aver messo in sicurezza gli alunni
di Giuseppe Mantica

La Cassazione rende gravosa la responsabilità dei precettori: la portata dell’art. 2048 del codice civile va riferita al caso specifico onde verificare in concreto se il fatto sia stato inevitabile, così da escludere gli addebiti alla scuola. Con la sentenza n. 9337 del 9.5.2016, la prima sezione civile di Piazza Cavour ha riformato una sentenza di appello rilevando il seguente principio di diritto in tema di responsabilità civile dei maestri: non è sufficiente la sola dimostrazione di non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo dopo l’inizio della causa sfociata nella produzione del danno, ma è necessario anche dimostrare di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo.

Tanto va valutato, per la scuola, tenendo in considerazione l’età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi, in relazione alle circostanze del caso concreto, dovendo la sorveglianza dei minori essere tanto più efficace e continuativa in quanto si tratti di fanciulli in tenera età.

La presenza di un manufatto (o di una situazione oggettiva: si pensi ad una siepe o ad un albero) che di fatto ostacola la piena e totale visibilità dello spazio da controllare preclude che possano essere ritenute idonee le misure organizzative quali la previsione della presenza di insegnanti in area se non opportunamente dislocati proprio in relazione allo stato dei luoghi.

Il caso è sorto presso una primaria quando in occasione della ricreazione una bambina cadeva in terra riportando danni perché urtata da un ragazzino che, inseguito da un compagno, sbucava improvvisamente correndo da dietro un muretto. A nulla vale, a parere della Cassazione, il fatto accertato che le insegnanti presenti in loco avessero richiamato gli scolari a “non correre troppo”.

In sentenza si legge che tale è una mera esortazione generica, e che ha finito per l’essere intesa dagli alunni come un’autorizzazione a correre, pur senza eccedere. Venendosi così, da un lato, a creare una condizione lasciata alla libera valutazione dei bambini sulla velocità e le modalità dei propri movimenti, ancorché sia evidente che gli stessi non possano avere piena consapevolezza delle situazioni di rischio. D’altro canto il vago monito ha denotato scarsa attenzione sul fatto che, a prescindere dallo stato dei luoghi, vi era compresenza di bambini di classi inferiori, notoriamente più deboli e delicati; e quindi meno capaci di auto-proteggersi, senza il concreto intervento di un adulto.

Nella specie, la presenza, all’interno del cortile, di un muretto che non consentiva una completa visuale alle persone addette al controllo degli allievi, avrebbe dovuto indurre queste ultime ad una maggiore e più completa vigilanza, estesa anche alla zona posteriore al suddetto manufatto, ovvero ad imporre ai ragazzi di astenersi dal giocare correndo, per non rischiare di fare del male a se stessi ed agli allievi più piccoli. Così argomentando la Corte ha riformato la sentenza impugnata e rimesso l’esame di merito ad un altro giudice che abbia attenzione per la situazione dei luoghi ed alle misure disposte dalla scuola per ravvisare quanto fosse ragionevolmente imprevedibile, in concreto, il fatto accaduto alla piccola.

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