di Matteo Cerretti

Mercoledì 22 luglio 2015 le Sezioni Unite hanno emesso la sentenza n. 15350 e hanno così risolto il dibattito esistente in giurisprudenza circa il diritto al risarcimento per gli eredi della vittima di un fatto illecito che sia deceduta istantaneamente o immediatamente dopo l’incidente.

In breve, l’orientamento prevalente ha negato per 90 anni che una morte improvvisa (come sopra descritta) potesse dare luogo ad un danno risarcibile alla vittima, secondo i principi che governano la responsabilità civile da fatto illecito nel nostro ordinamento. La ratio di ciò risiede nel fatto che con la morte la persona cessa immediatamente di essere centro di interessi giuridici e per questo perde la capacità di subire danni a causa della morte stessa (e conseguentemente non vi è un diritto risarcitorio trasmissibile agli eredi). È stato inoltre sostenuto che, mentre il diritto alla salute è risarcibile, non lo è invece il diritto alla vita (in senso civilistico, s’intende, essendo la vita pienamente protetta nel diritto penale).

Il 23 gennaio 2014, una decisione di orientamento opposto della Cassazione (n. 1361) aveva sostenuto che, essendo il diritto alla vita parte del catalogo dei diritti fondamentali, causare la morte di una persona ne comporta una macroscopica violazione, la quale dà diritto a risarcimento del danno, a prescindere dal periodo occorso tra lesioni e decesso.

La III Sez. della Cassazione ha pertanto richiesto l’intervento delle Sezioni Unite per risolvere il conflitto di interpretazioni (Ordinanza di remissione del 4 marzo 2014).
Dopo oltre un anno, le Sezioni Unite hanno confermato le ragioni poste a fondamento del prevalente e risalente orientamento, negando che le motivazioni sottese alla decisione più recente avessero validità tale da giustificare un cambio di tendenza nell’opinione giurisprudenziale consolidata.

Alla luce di ciò, sebbene si potrebbe ritenere che le Sezioni Unite abbiano eccessivamente semplificato certi aspetti della complessa questione, il tipo di danno in discussione rimane allo stato non risarcibile ai sensi del diritto italiano.
Alla luce di ciò, le Assicurazioni potranno continuare a non tenere in considerazione tale tipologia di danno nel valutare i rischi coperti dalle proprie polizze, con la conseguenza che non si renderà necessario alcun aumento dei premi.
Nessun cambiamento, insomma, in giurisprudenza (almeno per ora).