In Italia oltre un terzo delle società quotate è partecipato da fondi sovrani, quota che scende al 15-25% circa nei maggiori paesi europei. E’ quanto emerge da un “discussion paper” della Divisione Studi della Consob dal titolo “I fondi sovrani e la regolazione degli investimenti nel settori strategici”.
A fine 2011 i fondi sovrani gestivano asset per circa 4.600 miliardi di dollari, pari a circa il 6% del Pil mondiale, un patrimonio più che raddoppiato rispetto ai 2.000 mld usd del 2007; una stima per largo difetto del peso delle partecipazioni dei Fondi Sovrani sulla capitalizzazione dei mercati azionari dei principali paesi europei è pari a circa il 3%. Lo studio segnala che il Fondo Sovrano più importante e’ l’Abu Dhabi Investment Authority (patrimonio gestito 625 mld usd), seguito dal Government Pension Fund della Norvegia (530 mld) e da due fondi cinesi, Safe Investment (346 miliardi) e China Investment (332 mld). Tra i 10 dieci fondi ve ne sono 3 cinesi, 2 di Singapore, 1 di Dubai, Hong Kong, Abu Dhabi, Kuwait, Norvegia.
In Italia (dati al 31/12/2010) i Fondi Sovrani detengono partecipazioni in 102 società quotate alla Borsa di Milano, pari al 35,6% di quelle del listino, e pesano per il 2,2% della capitalizzazione di Piazza Affari. In Francia detengono partecipazioni in 172 società (19% del totale), con un peso del 2% della capitalizzazione della Borsa di Parigi. In Germania i Fondi Sovrani hanno partecipazioni in 174 società (il 16,5%), con un peso del 2,6% della capitalizzazione di Borsa. Nel Regno Unito detengono quote in 400 società (il 24,6%), con un peso del 3% della capitalizzazione. “Stime al ribasso -precisa il paper- in quanto dal monitoraggio effettuato con riferimento ai 64 Fondi Sovrani esistenti, emerge che soltanto 11 forniscono pubblicamente (in tutto o in parte) i dati di dettaglio sulle partecipazioni”.
Lo studio mette sul tavolo effetti positivi e negativi dell’operatività’ dei Fondi Sovrani. Fra gli effetti positivi, indica il fatto che sostengono attività imprenditoriali, contribuendo ad abbassare il costo del capitale di rischio e a dare spessore ai mercati finanziari; contribuiscono a ridurre la volatilità dei mercati finanziari, mantenendo posizioni “lunghe” anche durante le flessioni di mercato; effettuano investimenti diretti, con effetti sull’occupazione o sulla crescita del Pil degli Stati destinatari di tali investimenti. Fra gli effetti negativi, la scarsa trasparenza circa la dimensione dei capitali gestiti, la composizione dei portafogli e gli obiettivi di investimento, il rischio di comportamenti che configurino abusi di mercato, il pericolo di investimenti motivati da ragioni politiche o strategiche.
In altre parole, lo studio segnala che se da un lato “l’operatività’ dei Fondi Sovrani può avere effetti positivi sui mercati finanziari, in termini di maggiore liquidità e stabilità”, dall’altro suscitano il timore che “taluni investimenti non siano effettuati per motivazioni economiche ma per finalità politico/strategiche dei Governi gestori dei Fondi Sovrani”. I Fondi hanno tentato di scalare alcune importanti società negli Usa e in Europa e proprio questi timori “hanno portato all’introduzione in molti Paesi di normative a difesa dei settori strategici nazionali”.
Molti Stati hanno introdotto normative che “consentono loro di monitorare costantemente i progetti di investimento dei Fondi Sovrani all’interno delle proprie imprese strategiche, con possibilità di porre delle condizioni, di sospenderne l’efficacia sino all’approvazione o, nei casi di minaccia grave agli interessi nazionali, di vietarli definitivamente”. In Europa, ogni limitazione alla libera circolazione dei capitali “deve risultare compatibile con i principi del Trattato sul Funzionamento dell’Ue”. Lo studio conclude che “e’ l’eventuale trasferimento del controllo di un’impresa strategica che può, a determinate condizioni, risultare una minaccia per la sicurezza nazionale e in tale prospettiva va valutata la compatibilità con la disciplina comunitaria delle normative nazionali a tutela dei settori strategici, quali quelle emanate in Francia, in Germania e, recentemente, in Italia”.