L’anno scorso la raccolta premi delle assicurazioni italiane è cresciuta del 2,5% rispetto al 2014 a 150 miliardi di euro, pari al 9% del pil. È stata trainata dal comparto vita, in particolare dalle polizze unit linked, i cui premi hanno raggiunto i 32 miliardi (22 mld nel 2014).

I dati sono stati forniti dal presidente dell’Ivass, Salvatore Rossi, in occasione delle Considerazioni sull’attività svolta dall’istituto di vigilanza. Per le polizze vita tradizionali, a prevalente contenuto obbligazionario e con rendimenti minimi garantiti, i premi sono invece scesi a 76 mld (82 nel 2014). La raccolta Rc auto si è ridotta ancora (-6,5%), a causa del calo dei prezzi e non dei volumi. Gli attivi hanno raggiunto i 700 miliardi di euro. La redditività ha sfiorato il 10% nel comparto vita e ha oltrepassato il 7% nei danni. Gli indici di solvibilità si mantengono su un livello più che doppio (2,4 volte) rispetto al requisito richiesto.

L’orientamento è tuttavia cambiato dall’inizio del 2016. «Nei primi mesi di quest’anno le forti turbolenze che hanno colpito i mercati hanno evidentemente smorzato l’appetito dei clienti per le polizze vita più finanziarizzate, come le unit linked», ha spiegato Rossi. «Nel periodo gennaio-aprile, rispetto allo stesso periodo del 2015, i premi per le polizze linked sono scesi di oltre un terzo, quelli per le polizze tradizionali sono lievemente saliti».

Per quanto riguarda il settore auto, dai dati dell’Ivass emerge che i prezzi delle polizze nel 2015 sono scesi del 7,5% e che si riduce il divario tra l’Italia e i principali paesi Ue sui prezzi medi per l’assicurazione obbligatoria, al netto di tasse e contributi. Nel 2011 si pagavano in Italia 234 euro in più rispetto alla media degli altri tre paesi Ue (Francia, Germania e Spagna), ma si stima che la differenza si sia ridotta a circa 150 euro. Secondo Rossi, per risolvere «il caso Rc auto», cioè l’intreccio fra polizze care, soprattutto in alcune province, e un alto tasso di frode nei sinistri, «occorre una combinazione di interventi normativi e di comportamenti da parte degli attori del sistema».

Al momento la lotta alle frodi potrà ricevere un sostegno decisivo dal nuovo archivio integrato antifrode (Aia), lanciato nei giorni scorsi dall’authority, e che mette insieme 1,5 miliardi di singole informazioni su veicoli, immatricolazioni, patenti, polizze, danneggiati, testimoni e periti. «Disporre dell’Aia», ha sottolineato Rossi, «è come passare da arco e frecce a un cannone a lunga gittata: il risparmio sui costi e sui premi dovrebbe essere ben maggiore». Si ritiene che già oggi l’attività antifrode delle compagnie abbia consentito una riduzione dei costi dei risarcimenti pari all’1,5% dei premi, quindi «è legittimo attendersi molto di più per il prossimo futuro».

La raccolta si è ridotta ancora del 6,5%: ciò va attribuito al calo dei prezzi, non dei volumi, essendo rimasto stabile il parco veicoli.

Il numero uno dell’Ivass ha quindi osservato che la persistenza dei bassi tassi di interesse, o addirittura negativi, sulle scadenze più brevi è «al centro delle preoccupazioni di tutti gli assicuratori del mondo. Questa innaturale condizione non può durare troppo a lungo, è evidente. I primi a esserne consapevoli sono i responsabili delle politiche monetarie delle principali aree avanzate». In merito alle strategie di investimento, rispetto agli altri paesi europei, le compagnie italiane investono molto in titoli di stato (il 45% circa degli attivi) e meno in obbligazioni di imprese. I preferiti sono i bond italiani: il 94% dei titoli pubblici in portafoglio è emesso dall’Italia. Le compagnie stanno comunque aumentando la quota in titoli corporate, che sono cresciuti a 123 miliardi, il 23% del totale.

Rossi si è quindi soffermato sugli aspetti regolamentari, sottolineando che «sollevano più di una perplessità gli orientamenti che stanno maturando in ambito europeo in materia di informativa sui prodotti di investimento, in particolare su come redigere il Kid (Key information document, ndr). Ne cito una: va bene rendere massima la trasparenza nei confronti dei consumatori, ma lo si deve fare in modo equo fra tipi di prodotti: farne risultare alcuni, quelli assicurativi, come più rischiosi e cari di altri, che hanno le stesse caratteristiche dal punto di vista dei risparmiatori, introduce pericolose distorsioni nei mercati».

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