di Francesco Sciaudone*

La relazione annuale sull’attività svolta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm), presentata ieri alla Camera dal presidente Giovanni Pitruzzella, è l’occasione per riflettere sullo stato della concorrenza in Italia, e non solo. È giusto dare atto che ancora una volta il presidente ha ben rappresentato la qualità e l’utilità del ruolo che l’Autorità ha e ha avuto nel Paese. Di recente si è discusso e scritto di una «rivoluzione incompiuta»: la rivoluzione c’è stata, solo che, come tutti i processi dinamici, non devono essere mai arrestati. E questo è anche l’auspicio per il futuro della concorrenza in Italia. Il tema è: che cosa fare, domani, per la concorrenza? La risposta dipende in una certa misura dal ruolo che si vorrà attribuire all’enforcement pubblico delle norme a tutela della concorrenza e dei consumatori. Per capire cosa fare domani occorre tuttavia interrogarsi su quale concorrenza (ossia quale tutela del mercato e dei consumatori) perseguire ovvero su come misurare il livello di concorrenza, come cioè verificare, di anno in anno magari, lo stato di salute del Paese in chiave antitrust. La concorrenza non è infatti una funzione della quantità di procedimenti conclusi, sanzioni irrogate o segnalazioni inviate ovvero dei procedimenti per pratiche commerciali scorrette (Pcs). Bisognerebbe, quindi, studiare un indice (quali-quantitativo) che consenta di misurare lo stato di salute della concorrenza e l’efficacia dell’azione (della stessa Agcm, ad esempio) in materia di concorrenza, anno per anno, così da tener conto del contesto di mercato, dello scenario economico (le «dinamiche specifiche dell’economia italiana» citate dal presidente), del quadro giuridico di riferimento, delle politiche e delle riforme pubbliche. Perché allora non introdurre in occasione della relazione annuale, insieme con il consuntivo delle attività svolte, anche una prospettiva strategica all’azione dell’Autorità nel nuovo anno? Si potrebbe ad esempio individuare alcune linee programmatiche di azione, alcuni obiettivi strategici verso i quali focalizzare l’attenzione e le risorse dell’Agcm. La relazione annuale dovrebbe quindi essere al contempo programmatica e di consuntivo, così da poter valutare di anno in anno se si sono raggiunti gli obiettivi che si era ritenuto di perseguire. Un modello potrebbe essere la Competition and Markets Authority inglese, che non a caso adotta un piano d’azione annuale, che viene previamente sottoposto a un processo di consultazione pubblica. Del pari, come ben ricordato nella stessa relazione, riflessioni merita l’impatto della nota (e rigorosa) sentenza Grande Stevens della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo sulla stessa organizzazione e sul funzionamento delle attività dell’Autorità. Insomma, chiusa la relazione annuale, si potrebbe ragionare sull’opportunità di una riflessione strategica sul futuro dell’Agcm e quindi anche dell’idea stessa di concorrenza nell’ordinamento italiano. (riproduzione riservata)

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