L’art. 83 del d.P.R. n. 449 del 1959, laddove stabilisce la cessazione ex lege degli effetti dei contratti di assicurazione stipulati dalle imprese poste in l.c.a. trascorsi sessanta giorni da tale evento, non si applica alla c.d. polizza fideiussoria

La presente questione verte sull’interpretazione dell’espressione contenuta nell’art. 83 d.P.R. 13 febbraio 1959, n. 449, secondo cui “Salvo disdetta da parte degli assicurati, i contratti di assicurazione in corso continuano a coprire i rischi fino a 60 giorni dopo la pubblicazione del decreto di liquidazione nella Gazzetta Ufficiale“. La norma prosegue disponendo che “Gli aventi diritto a capitali assicurati o ad indennizzi per polizze scadute o sinistrate concorrono al riparto dell’attivo secondo le norme dell’articolo successivo“; dispone, quindi, l’art. 84 circa il riparto delle attività.
L’art. 1902, 2 comma, c.c. dispone che, nel caso di liquidazione coatta amministrativa dell’impresa assicuratrice, il contratto di assicurazione si scioglie nei modi e con gli effetti stabiliti dalle leggi speciali anche per ciò che riguarda il privilegio a favore della massa degli assicurati.
A ciò provvede, appunto, per l’epoca del suo vigore, l’art. 83, sopra ricordato.
La ratio di questa disposizione sta nel bilanciamento fra l’esigenza di tener conto dell’incapacità dell’impresa assicurativa di far fronte ai suoi obblighi e quella di non far cessare immediatamente l’effetto di copertura del rischio.
Analogamente, l’art. 78 del d.lgs. 17 marzo 1995, n. 175, Attuazione della direttiva 92/49/CEE in materia di assicurazione diretta diversa dall’assicurazione sulla vita, tra gli effetti della liquidazione disponeva che i contratti di assicurazione in corso alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di liquidazione coatta amministrativa continuano a coprire i rischi fino al sessantesimo giorno successivo a tale data. / Gli assicurati possono esercitare il diritto di recesso dal contratto successivamente alla pubblicazione del decreto di liquidazione coatta mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Il recesso ha effetto dal giorno successivo al ricevimento della comunicazione da parte degli organi della liquidazione.
Il bilanciamento degli interessi era completato, in quest’ultima disposizione, dal quarto e quinto comma del medesimo art. 78, sulla destinazione degli attivi a copertura delle riserve tecniche: in tal modo, il legislatore attribuiva particolare tutela ai titolari dei contratti in corso, pur privati ex lege di efficacia a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto di messa in l.c.a..
I suddetti decreti sono stati abrogati dal primo comma dell’art. 354 del Codice delle assicurazioni private di cui al d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209. L’art. 169 ha previsto gli effetti della liquidazione coatta di imprese di assicurazione, stabilendo che “1. Ad integrazione di quanto previsto dall’art. 1902, secondo comma, del codice civile, i contratti di assicurazione in corso di esecuzione alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento di liquidazione continuano a coprire i rischi fino al sessantesimo giorno successivo. / 2. Gli assicurati hanno facoltà di recesso, dopo la pubblicazione del provvedimento di liquidazione, mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Il recesso ha effetto dal giorno successivo a quello di ricevimento della comunicazione da parte della liquidazione. / 3. In deroga al comma 1, i contratti di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, in corso di esecuzione alla data di pubblicazione del provvedimento di liquidazione, continuano, nei limiti delle somme minime per cui è obbligatoria l’assicurazione, a coprire i rischi fino alla scadenza del contratto o del periodo di tempo per il quale è stato pagato il premio“.
Per quanto interessa la presente controversia, la giurisprudenza ha, nel tempo, diversamente qualificato la polizza fideiussoria, in quanto dall’iniziale inquadramento nell’ambito del contratto di assicurazione è passata a considerarlo affine, piuttosto, alla fideiussione, salva diversa volontà delle parti.
Così, dapprima (cfr. Cass. 29 dicembre 1970, n. 2753) si ritenne che il contratto di assicurazione fideiussoria, stipulato da un istituto assicuratore ed un appaltatore per il servizio di riscossione delle imposte di consumo, a garanzia degli obblighi da questo assunti verso il comune, dovesse inquadrarsi, ai sensi dell’art. 1891 c.c., nel contratto di assicurazione stipulata per conto altrui, trattandosi di un contratto a favore del comune appaltante, perfezionatosi direttamente fra l’istituto assicurativo e l’appaltatrice.
Si argomentava nel senso che proprio la presenza del premio permette di ricondurre l’accordo al contratto di assicurazione, operando il contratto il trasferimento in capo al terzo del rischio d’inadempimento del debitore: l’assicuratore compie quindi una prestazione da ricondurre alla fattispecie dell’art. 1882 c.c., posto che egli è obbligato non ad eseguire la medesima prestazione gravante sul debitore principale, rimasta inadempiuta (secondo lo schema dell’art. 1954 c.c.), ma a tenere indenne il creditore assicurato dal danno che quell’inadempimento gli ha cagionato.
Altro orientamento, poi divenuto maggioritario, era di contrario avviso, analizzando i diversi elementi del contratto. Si affermò (Cass. 8 febbraio 1963, n. 221) che l’assicurazione fideiussoria o cauzionale presenta elementi della fideiussione e dell’assicurazione e dà luogo a un sottotipo innominato di fideiussione, la cui causa non differisce sostanzialmente da quella tipica della fideiussione, cioè dalla funzione economico-sociale di garantire l’adempimento di un obbligo altrui, nonostante che la garanzia sia assunta secondo alcune modalità tecnico-economiche della assicurazione, e nonostante che alcune clausole, concordate tra le parti, si adeguino allo schema legale dell’assicurazione.
Anche secondo successive decisioni, si tratta sostanzialmente di una fideiussione onde il contratto è soggetto alla regolamentazione di questa, in quanto essa adempie alla stessa funzione della fideiussione, avendo per contenuto l’obbligo del suddetto garante ad un adempimento sostitutivo o di regresso e non quello di carattere indennitario dell’assicuratore, mentre è carente l’elemento del rischio e della assunzione della relativa incidenza economica, tipico dell’assicurazione: pertanto, l’assicurazione fideiussoria, anche quando dia luogo ad un contratto misto, deve essere disciplinata con la normativa della fideiussione, che ne è il rapporto tipico prevalente.
Una decisione (Cass. 26 maggio 1981, n. 3457) aveva invece optato per la distinzione fondata sul profilo del rapporto rilevante nella concreta fattispecie, quale contratto atipico: ove la controversia riguardasse il rapporto fra assicuratore e terzo beneficiario (committente), la finalità fideiussoria assumerebbe carattere prioritario, con applicazione della relativa disciplina; se, invece, riflette il rapporto tra assicuratore e contraente (appaltatore), che nell’interesse del beneficiario ha stipulato la polizza, si applicherebbe la disciplina dell’assicurazione, ma ciò solo quando le regole di tale contratto siano state richiamate. La tesi che prende in esame, di volta in volta, i caratteri dell’assicurazione o della fideiussione fu peraltro avversata in dottrina, anche per profili di inopportunità pratica della distinzione.
Valorizza il profilo relativo alle parti stipulanti pure altra decisione (Cass. 7 aprile 1982, n. 2142), che qualifica come assicurazione del credito, soggetto alla disciplina prevista dagli art. 1892 ss. c.c., il contratto concluso dall’assicuratore con il creditore, e come assicurazione fideiussoria, con prevalenza della causa propria del contratto di fideiussione, la convenzione tra assicuratore e debitore.
La Corte ha, quindi, ripetutamente affermato che al contratto si applicano le disposizioni della fideiussione, salvo che sia stato diversamente disposto dalle parti, essendo di regola la funzione di
garanzia prevalente su quella assicurativa.
Infine, sempre con attenzione ai caratteri propri del contratto, si è precisato (Cass., sez. un., 18 febbraio 2010, n. 3947; e già Cass. 31 gennaio 2008, 2377) che la polizza fideiussoria è negozio che, sotto il profilo genetico, si distingue dalle convenzioni fideiussorie, sia perché necessariamente oneroso, mentre la fideiussione può essere anche a titolo gratuito, sia perché stipulato, non tra il fideiussore e il creditore, ma, di regola, dall’appaltatore su richiesta ed in favore del committente beneficiario, ed è caratterizzato dall’assunzione dell’impegno, da parte di una banca o di una compagnia di assicurazione, di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo nel caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta dal contraente. Ha concluso che la polizza fideiussoria stipulata a garanzia delle obbligazioni assunte da un appaltatore costituisce una garanzia atipica e non è invocabile l’art. 1957 c.c.
La giurisprudenza di legittimità si mostra dunque favorevole rispetto ad un metodo che valorizzi la causa concreta, quale funzione effettiva delle polizze fideiussorie.
In particolare, con riguardo alle differenze tra polizza fideiussoria e contratto di assicurazione, occorre evidenziare che, pur quando prestata da un’impresa di assicurazione, la funzione della polizza si differenzia da quella del contratto di assicurazione: essa non è la copertura di un rischio, la quale mantiene un aspetto marginale, ma quella di garantire al beneficiario l’adempimento di obblighi assunti dallo stesso contraente, anche se l’inadempimento sia dovuto a volontà dello stesso e questi sia solvibile.

Inoltre, la modifica del rischio assunto è rilevante nel contratto di assicurazione tipico, ma non nell’assicurazione fideiussoria, che ha come causa non il rischio assunto dal primo fideiussore, ma la garanzia dell’adempimento del debitore principale.

Né, in presenza di polizza fideiussoria, è possibile parlare di sinistro assicurativo in senso tecnico o di evento aleatorio tipico dell’assicurazione, giacché l’obbligazione diventa esigibile non già in dipendenza dell’oggettiva realizzazione del sinistro, ma in forza dell’esercizio del diritto potestativo riconosciuto al creditore garantito.

A ciò si aggiunga che la circostanza secondo cui il garante, una volta adempiuto il proprio impegno, ha azione di regresso o di surroga non è compatibile con il modello assicurativo, ove il pagamento dell’indennità da parte del terzo trova la propria giustificazione nella sopportazione di un rischio e nel pagamento del premio da parte dell’assicurato.

Infine, posto l’art. 1938 c.c., il contratto con cui si garantisce la reintegrazione dei danni derivanti dall’inadempimento può essere ancora ricondotto alla fideiussione, sotto il profilo della garanzia dell’obbligazione futura ed eventuale di risarcimento dei danni.
Occorre dunque concludere nel senso che l’art. 83 del d.P.R. n. 449 del 1959, laddove stabilisce la cessazione ex lege degli effetti dei contratti di assicurazione stipulati dalle imprese poste in l.c.a. trascorsi sessanta giorni da tale evento, non si applica alla c.d. polizza fideiussoria.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 10 marzo 2015, n. 4751