di Lucio Sironi 

Dice il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, che gli investitori sono nervosi come purosangue e che quindi le riforme in materia di risparmio, se devono essere fatte, devono essere rapide per ridurne gli effetti deleteri. Soprattutto, viene da dire, se i purosangue in questione sono reduci da bastonate a raffica, per cui il riflesso condizionato degli indolenziti ronzini è l’atteggiamento di difesa, se non la fuga. Aumento delle aliquote fiscali sulle plusvalenze, imposta di bollo sui capitali, Tobin tax (o una sua cattiva imitazione) sulle transazioni finanziarie: inutile stare a ripercorrere l’elenco dei prelievi posti a carico di chi ha il coraggio di investire in qualcosa di diverso dai titoli di Stato, che dal punto di vista economico hanno il merito (o demerito) di assicurare foraggiamento alle casse pubbliche, che avrebbero bisogno piuttosto di una restrizione. Il gioco, per chi ci governa, è fin troppo facile.

Ma il presidente della Consob ha portato all’attenzione il tema, in attesa appunto che la tassazione degli investimenti aumenti, da luglio, dal 20 al 26%. «Anche la semplificazione delle regole fiscali può essere un importante strumento per rendere le nostre economie più attraenti», ha sottolineato Vegas, «soprattutto in una fase in cui i cosiddetti paradisi fiscali stanno in parte perdendo di interesse per gli investitori. Le regole fiscali devono essere disegnate non solo per le esigenze di gettito o per trovare coperture finanziarie, ma soprattutto per creare un sistema di incentivi che orienti gli operatori verso comportamenti virtuosi e che tuteli la competitività dell’Italia nel panorama internazionale». Per parte loro Assogestioni e Anasf chiedono al governo incentivi fiscali per agevolare il risparmio di lungo termine, come avviene in diversi Paesi europei. «La revisione della tassazione sulle rendite finanziarie può essere l’occasione per riequilibrare la pressione fiscale complessiva, ma anche per disegnare un sistema di incentivi che premi l’investimento di lungo periodo, soprattutto di natura previdenziale», ha detto Vegas. E pertanto «si potrebbe valutare l’ipotesi di introdurre un sistema di progressiva riduzione delle aliquote in funzione della durata dell’investimento».

D’altra parte, come è emerso da un’indagine che Schroders conduce annualmente tra gli investitori (15.749 interviste in 23 Paesi), accrescere i risparmi e investire a fini pensionistici è l’obiettivo dichiarato come prioritario da quasi metà (46%) degli investitori a livello globale. Ma se si guarda nello specifico si passa da un tasso del 59% in Gran Bretagna a una percentuale del 29% nelle risposte degli italiani. La conferma cioè che in Italia gli investitori non hanno ancora preso atto delle nuove esigenze poste sulla responsabilità individuale, a seguito del passaggio da un sistema pensionistico retributivo a uno contributivo. Ma come detto oggi il governo italiano non va troppo per il sottile e vede il risparmio privato come un bacino di ricchezza da cui attingere a piene mani. Approfitta, senza fare fatica, di una situazione assai favorevole, perché la paura per un futuro tanto incerto induce i cittadini a frenare i consumi e a mettere da parte il più possibile. Come ha calcolato Unimpresa, secondo la quale negli ultimi 12 mesi i salvadanai dei privati sono saliti dell’1,8% a 869 miliardi. Buon per le banche e le reti di pf. Ma in questo modo purtroppo il problema si avvita su se stesso: senza consumi non ci sarà ripresa e puntare solo sul risparmio per uscire dal tunnel non può bastare.