Il rendimento del decennale tedesco precipita dallo 0,354% allo 0,269%. E così lo spread dell’Italia risale a 96 punti base. I mercati mostrano che chi guadagna di più dalla mossa di Draghi è la Germania

di Marcello Bussi

Il botto non c’è stato. Ieri è cominciato il Qe della Bce e la borsa migliore di Eurolandia è stata Piazza Affari con un non esaltante rialzo dello 0,57%, seguita da Francoforte (+0,27%). Negative, invece, Parigi (-0,55%) e Madrid (-0,34%). Va bene che l’acquisto di 60 miliardi di euro al mese di titoli di Stato e di altri bond emessi da istituzioni sovranazionali come la Bei e istituti analoghi alla Cassa depositi e prestiti era stato annunciato il 22 gennaio scorso, e da allora fino a venerdì scorso il Ftse Mib ha guadagnato il 9,6% e il motto della borsa è «vendere sulle notizie», ma il risultato è stato in ogni caso modesto.

Soprattutto se si pensa alla linea dura che l’Eurogruppo continua ad adottare con la Grecia, con il rischio di spingerla a tornare alla dracma (vedere articolo a pag. 4). I veri movimenti ci sono stati sull’obbligazionario, dove il rendimento del Bund decennale tedesco è precipitato dallo 0,354% allo 0,269%. E poiché la Bce comprerà titoli di Stato anche con rendimenti negativi, purché superiori al tasso sui depositi del -0,20%, sono in molti a sostenere che così facendo Mario Draghi ha fissato un target del rendimento del decennale tedesco proprio al -0,20%. Proprio ieri è sceso sotto zero il decennale svizzero, al -0,13%. Segno che il Qe della Bce ha potenti effetti anche fuori dall’area euro. 
Lo dimostra anche l’andamento del T-Bond Usa, sceso dal 2,245% al 2,200% nonostante siano in molti a pensare che la Federal Reserve alzerà i tassi entro la fine dell’anno, forse addirittura a giugno. Per quanto riguarda il Btp decennale, il suo rendimento è sceso dall’1,334% all’1,280%, molto meno quindi del Bund, mentre lo spread è salito a 96 punti base dai 92 di venerdì scorso proprio per il contemporaneo crollo dei rendimenti tedeschi.

Se i mercati hanno sempre ragione, allora un andamento del genere può fare venire il sospetto che a beneficiare più di tutti del Qe sia la Germania che, paradossalmente, è sempre stata la più acerrima nemica di questa operazione. Anche ieri il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, non si è esentato dal criticare, dicendosi «scettico» sul fatto «se questo sia il momento giusto per espandere la politica monetaria». Viene però il sospetto che il falco di Francoforte continui nelle sue litanie con l’obiettivo di deviare il discorso dal più incredibile effetto diretto del Qe: gli investitori faranno a gara a comprare titoli di Stato tedeschi fino a quando non saranno arrivati tutti a un rendimento del -0,20% (al momento sono sotto zero tutte le scadenze fino al 2021). Insomma, per un periodo non trascurabile di tempo, probabilmente almeno fino alla fine dell’anno, la Germania potrà finanziarsi non a costo zero, ma addirittura guadagnandoci. Un’analista di grana grossa potrebbe dire che il Qe della Bce si traduce così in uno sconcertante aiuto proprio a quel Paese di Eurolandia che non ha bisogno di sostegno finanziario visto che, tanto per dirne una, ha vantato nel 2014 un surplus della bilancia commerciale di 215,3 miliardi di euro, superando per l’ottavo anno consecutivo la soglia di un attivo del 6% del pil fissata da Bruxelles. Sarà che a gennaio il surplus è sceso a 19,7 miliardi di euro dai 21,6 miliardi di dicembre, e quindi Berlino ha bisogno di un aiutino.

La Bce non ha rilasciato dichiarazioni sul Qe ed è normale, visto che per conoscere i primi dati sugli acquisti ci vorrà qualche giorno. Ogni martedì l’Istituto di Francoforte fornirà il totale dei titoli rilevati la settimana precedente. Ieri voci di mercato hanno parlato di acquisti relativi ai titoli di Germania, Francia, Italia e Belgio (non si capisce perché non ci sia la Spagna). Sembra tuttavia che la Bce non abbia ancora raggiunto un accordo su come trattare le perdite legate agli acquisti di titoli di Stato con tassi negativi. Cosa che non ha impedito alla Bundesbank di comprare Bund a rendimenti negativo. Secondo Jorge Garayo, strategist di Société Générale , la Bce comprerà 3,3 miliardi di euro al mese di titoli di Stato legati all’inflazione dalla Francia, dalla Germania, dall’Italia e dalla Spagna; dell’ammontare totale, circa 700 milioni riguarderanno i Bundei, E proprio oggi Berlino emetterà 2 miliardi di euro di un nuovo bond legato all’indice dei prezzi al consumo con scadenza ad aprile 2026. Facile prevedere il tutto esaurito, perché male che vada lo si può rivendere all’istituto di Francoforte. Da sottolineare, infine, le critiche al Qe espresse da Hans-Werner Sinn, il presidente dell’omonimo istituto di ricerca che ogni mese pubblica l’indice sulla fiducia delle imprese tedesche: «La motivazione è pretestuosa, dal momento che non esiste alcuna deflazione nell’Eurozona. C’è soltanto un crollo congiunturale dei prezzi dell’energia, assolutamente benvenuto», ha detto Sinn, spiegando che in realtà in questo modo la Bce fa svalutare l’euro, «ma non può dirlo, dal momento che la politica del cambi non è compito suo». Ieri l’euro ha però guadagnato lo 0,2% sul dollaro a 1,0863. Forse a Washington cominciano a non essere interessati più di tanto a un ulteriore rafforzamento del dollaro. (riproduzione riservata)