Il tandem Palladio-Sator va all’attacco e il cda di Premafin resta con il piede in due staffe nell’ambito della ristrutturazione del Gruppo Fondiaria-Sai. Da una parte, il board della holding della famiglia Ligresti, durato sei ore, non ha messo a punto la risposta da fornire all’offerta giunta da Palladio-Sator e alternativa a quella di Unipol. Dall’altra, il cda di Premafin ha deciso di proseguire con la compagnia bolognese, che, ancora prima della holding vicentina e del private equity, con la benedizione di Mediobanca, aveva presentato un progetto, tra l’altro basato sulla fusione a quattro tra le tre società quotate dei Ligresti (c’è anche Milano Assicurazioni) e la stessa Unipol. Come spiega una nota giunta ieri in serata, il cda di Premafin, presieduto da Giulia Ligresti, «ha preso atto dell’offerta, ne ha accuratamente esaminato i contenuti attraverso un approfondito dibattito tra gli amministratori, e ha convenuto di non essere in grado di assumere, allo stato, alcuna deliberazione». Del resto, per rispondere alla holding guidata da Roberto Meneguzzo e Giorgio Drago e al private equity di Matteo Arpe c’è tempo fino all’8 marzo, giorno in cui la loro proposta scade. Il tempo stringe, dunque, per la famiglia Ligresti, che da sola ha in mano oltre il 70% di Premafin, che a sua volta controlla al 36% Fonsai. Una scelta non semplice, che con ogni probabilità dipdenderà dall’esito dell’esposto presentato ieri in Consob da Sator e Palladio e finalizzato, in primo luogo a ottenere chiarezza sulle condizioni dell’esclusiva siglate da Premafin e Unipol per l’integrazione tra i due gruppi. Proprio l’esclusiva con la compagnia bolognese, come spiega la nota di ieri della holding dei Ligresti, è tra i due punti che non hanno permesso di replicare a Palladio e Sator. La spiegazione è fumosa, ma da quel che si apprende la clausola sembra essere in grado di mettere in «stand-by» la risposta a Palladio e Sator, senza però permettere di rifiutarla. Inoltre, precisa Premafin, l’accordo con Unipol «non contempla alcuna specifica penale in relazione alla violazione dell’obbligo di esclusiva». Il secondo punto che non ha consentito al cda di prendere una decisione sulla proposta alternativa è «il tenore delle comunicazioni ricevute da taluni creditori di Premafin, relativamente all’informativa resa ai medesimi circa l’offerta ricevuta, in merito all’interesse a negoziare la propria esposizione creditizia e a prestare il proprio consenso all’operazione». Nonostante la complessità della formula utilizzata, si evince che il fronte delle banche non è compatto: alcuni istituti sembrano mostrare un’apertura verso la proposta della holding vicentina e del private equity. Non solo: la nota stampa conferma che il fronte bancario, attraverso Unicredit, ha scritto a Premafin per esporre le proprie riserve sia sul convertendo da 150 milioni proposto nell’ambito del piano Unipol, sia sulla restante parte del debito da ristrutturare, che nel complesso, se si considera anche l’equity swap con Piazza Cordusio, sfiora i 370 milioni. Malgrado gli ostacoli del fronte bancario e malgrado la decisione di prendere tempo con Palladio-Sator, Premafin procede con Unipol, tant’è che la holding dei Ligresti ha conferito al professore della Bocconi Maurizio Dallocchio «il mandato di supportare la società e il comitato di amministratori indipendenti non correlati nella valutazione della congruità dei rapporti di concambio della prospettata fusione e di esprimere parere di congruità anche in relazione al prezzo di emissione dell’aumento di capitale di Premafin», che ammonta a 400 milioni nel caso dell’offerta di Unipol e a 450 per quella alternativa.