di * delegato italiano alla Proprietà intellettuale CONTATTI: mauro.masi@consap.it

La drammaticità stessa di un evento come il devastante terremoto dell’Italia Centrale toglie dal centro dell’attenzione dei media e dell’opinione pubblica il tema della copertura dei costi di questa tragedia. È assolutamente comprensibile: tutto passa in second’ordine di fronte alla perdita di vite umane e al dramma di chi sopravvive ma perde ogni cosa.

Il nostro sistema, così come si è sviluppato negli anni, prevede peraltro un intervento sostanzialmente a piè di lista da parte dello stato attraverso la fiscalità generale. C’è chi sostiene che ciò corrisponde a un obbligo non derogabile del welfare state, dello stato sociale. È vero, ma è altrettanto vero che i crescenti vincoli di bilancio rendono questo tipo di intervento sempre più difficilmente attuabile (il costo medio nell’ultimo quarantennio è stato di oltre 3 miliardi di euro annui). Da qui la necessità di individuare forme innovative che non gravino, in tutto o in parte, sulla finanza pubblica ma che consentano ugualmente di far fronte agli obblighi dello stato sociale. In questo quadro il ricorso al sistema assicurativo attraverso polizze per la copertura di danni catastrofali appare una delle strade più efficacemente percorribili. In Italia però non si è mai sviluppato un mercato assicurativo importante in questo settore e le polizze che vengono proposte per le molte zone a rischio del territorio nazionale sono tuttora molto costose. L’Ania ha di recente proposto una sorta di sistema misto in cui lo stato copre una parte del danno mentre la parte restante sarebbe sostenuta da polizze private obbligatorie sottoscritte dai proprietari di case.

Sull’obbligatorietà (pagare tutti per pagare meno) il dibattito, a livello politico, è da tempo aperto nel nostro paese: chi è contrario sostiene (con buone ragioni, peraltro) che finirebbe per essere considerata, di fatto, una ulteriore tassazione sulla casa. Limitandoci a guardare la questione solo da un punto di vista tecnico, si possono evidenziare due considerazioni: la prima, è che l’assicurazione volontaria non consente di ripartire in maniera sostenibile il rischio assicurativo e, come visto, comporta alti costi per i cittadini anche perché tende a sviluppare fenomeni di «selezione avversa» che si manifesta quando il mercato rende conveniente assicurarsi solo a chi appartiene alle classi di rischio più elevate. La seconda, è che tra le opzioni per l’assicurazione obbligatoria e quella per la semi obbligatoria quest’ultima può risultare meno impopolare e più appetibile (qualora si estenda, come nel caso francese, la polizza antincendio ai rischi di alluvione, terremoti ecc.) anche per l’abbinamento di due rischi con frequenze molto diverse. Il modello semi-obbligatorio in Francia prevede infatti la copertura obbligatoria del rischio da catastrofi quando si sottoscrive volontariamente una polizza per danni con qualsiasi compagnia privata. Si paga una quota fissa pari al 12% della polizza per danni e la polizza copre l’immobile contro rischi da alluvioni, terremoti ecc.; a oggi il 90% degli immobili francesi è assicurato. Da noi, dove circa un terzo della popolazione (21,8 milioni di persone) è esposta a elevato rischio sismico, meno dell’1% delle abitazioni è coperto da una assicurazione privata contro i danni da terremoto.

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