Pagina a cura di Luigi dell’Olio

Per molti, ma non per tutti. I piani individuali di risparmio possono risultare un’opportunità di investimento importante per i piccoli investitori, soprattutto in una fase di prolungata incertezza dei mercati come quella attuale, anche se è bene conoscerne sia i punti di forza, che quelli di debolezza per poter compiere scelte consapevoli. Evitando quindi decisioni d’impeto qualora il trend sui mercati dovesse mutare improvvisamente e per un periodo limitato.

Favorito il lungo termine. I Pir possono contribuire a elevate i livelli di educazione finanziaria. Dato che il beneficio è concesso a chi mantiene l’investimento per almeno cinque anni, si spingono infatti gli investitori a muoversi con un orizzonte di lungo termine secondo una logica che dovrebbe essere propria di chi non si muove con una logica da trader. Il che comporta la necessità di resistere alle fluttuazioni dei mercati, che sono inevitabili. Dunque, chi si appresta a valutare questo tipo di investimento, è chiamato a un test sulla propria capacità di resistere agli scenari avversi. In caso contrario, meglio evitare, dato che una certa dose di volatilità è inevitabile quando si ha a che fare con società a bassa capitalizzazione. Così come i Pir non sembrano adeguati per le somme di denaro che potrebbero servire prima dei cinque anni. Se si ha in vista una grossa spesa come l’acquisto di una casa o dell’auto, e quei soldi potrebbero tornare utili, l’investimento in asset poco liquidi potrebbe non essere ideale.

Esenzione dall’asse ereditario. Tornando ai vantaggi, va ricordato che i piani individuali di risparmio sono esenti dall’imposta di successione e questo aspetto va tenuto in debita considerazione, soprattutto se si vuol dar credito alle voci sempre più frequenti di un possibile rialzo della tassazione in questo settore per allineare la legislazione italiana a quella degli altri paesi europei. Ma i vantaggi sono innegabili anche a considerare il solo status quo, soprattutto per chi ha grandi patrimoni a disposizione.

Senza dimenticare i vantaggi per le aziende. Secondo una stima di Intermonte Advisory, i Piani individuali di risparmio (Pir) garantiranno flussi per le medium & small cap di Piazza Affari nell’ordine di 9,9 miliardi di euro in cinque anni, aumentando la liquidità per queste società. Quindi le aziende potranno contare su nuovo ossigeno finanziario e gli investitori potranno contare su titoli tendenzialmente meno volatili. Nell’analisi dei pro e dei contro occorre considerare anche i costi dei singoli prodotti. In caso di commissioni elevate, si rischia di erodere il vantaggio derivante dalla detassazione degli utili, riducendo sia il guadagno che il risparmio. In definitiva, questi prodotti possono risultare validi per chi ha a disposizione un patrimonio di una certa consistenza e decide di destinare ai Pir una fetta del proprio portafoglio. A patto di saper resistere agli alti e bassi e di non aver bisogno di riscattare l’investimento prima dei cinque anni.

Anima limita l’equity al 40%. L’industria finanziaria ha fiutato le opportunità di questi strumenti e sono già una decina le società che hanno lanciato (o si preparano a farlo) prodotti ad hoc.

Ad aprire le danze nei primi giorni del 2017 è stata Anima Sgr, con il lancio di Crescita Italia. Si tratta di un fondo bilanciato che investe fino al 40% in azioni e la parte restante in obbligazioni, con una soglia minima di accesso di 500 euro. Il portafoglio tendenziale dichiarato dal gestore prevede un’esposizione all’obbligazionario nell’ordine del 65%, con le azioni che pesano per il 30% e il restante 5% destinato a liquidità e depositi bancari. Il fondo è esposto al rischio di cambio in misura non superiore al 30%.

Dalla scheda del prodotto si ricava che la volatilità potrà essere compresa tra il 5 e il 10%, mentre il fondo si posiziona a livello quattro su una scala di rischio che va da uno a sette. Dunque in una posizione intermedia che lo rende adatto anche a risparmiatori con limitate disponibilità. La commissione di sottoscrizione può arrivare a un massimo del 4%, mentre quella di gestione ammonta all’1,35% annuo.

Focus sull’economia reale. Il Pir di Arca si chiama Arca Economia Reale Bilanciato Italia e prevede una soglia minima di sottoscrizione di 100 euro e una commissione di gestione dell’1,35%. L’asset allocation prevede una componente azionaria intorno al 30% e una quota di obbligazioni societarie italiane intorno al 50%. Il fondo non è esposto al rischio di cambio. C’è poi in arrivo Risparmio Italia di Pioneer Investments, un fondo bilanciato prudente, con il 30% del portafoglio azionario dedicato ad aziende di mid e small cap, mentre la parte restante sarà investita in obbligazioni corporate e titoli di Stato italiani. Dunque un prodotto destinato a investitori prudenti. In attesa di ulteriori elementi, per il momento si sa che la soglia minima d’ingresso sarà di 50 euro. Novità anche per Zenit Sgr, che lancia due prodotti: il fondo Zenit Obbligazionario, un obbligazionario misto, e il fondo azionario Zenit Pianeta Italia. Il portafoglio del primo è composto per il 75% da obbligazioni aziendali, di cui il 30% di imprese non comprese nell’Ftse-Mib e il restante 25% in strumenti finanziari vari; nel fondo è anche presente una componete azionaria netta che potrà arrivare al 20%. Nel Fondo Pianeta Italia si continua a operare sulle azioni italiane con la particolare focalizzazione, che da sempre è stata riservata, alle medie e piccole capitalizzazioni, vera struttura portante della nostra economia. Inoltre verranno offerti servizi di advisor Pir compliant agli intermediari che lo chiederanno. Il fondo obbligazionario prevede una commissione di gestione annua dell’1,3%, l’altro dell’1,8%.
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