di Paola Valentini
A Piazza Affari la regina dei dividendi del 2017 è una banca. L’azione Intesa Sanpaolo offre un dividend yield (rapporto tra dividendo unitario per l’esercizio 2016 e prezzo attuale dell’azione) dell’8,1%. E il titolo di risparmio supera addirittura il 9%. Nonostante il recente rialzo dei rendimenti dei Btp, per via della nuova bufera sullo spread, i titoli dell’istituto guidato dal consigliere delegato Carlo Messina rendono quattro volte di più rispetto al decennale italiano che oggi ha un tasso del 2,2%. Ancor meno proponibile il confronto con il Bot a 12 mesi. Venerdì 10 febbraio il ministero dell’economia ha collocato Bot annuali con un rendimento lordo annuo negativo (-0,247%). La domanda è stata comunque molto robusta: 10,9 miliardi a fronte dei 6,5 offerti, per via della fame di rendimenti provocata dalla riduzione dei tassi per effetto della politica monetaria espansiva della della Bce. Per lo stesso motivo nell’asta di gennaio il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan ha piazzato tutti i 5,75 miliardi di euro di Btp a tre e sette anni con rendimenti, rispettivamente, dello 0,06% e dell’1,15%. Nel collocamento di fine gennaio il Btp a cinque anni si è chiuso con la vendita di 2,75 miliardi di buoni a un rendimento lordo dello 0,92%.

Il tutto mentre, se si guarda nel listino italiano, si trovano oggi oltre 20 titoli che rendono più del 5%, malgrando la recente ripresa delle quotazioni di borsa che ha abbassato il denominatore del rapporto dividend yield. Come emerge dall’analisi condotta da MF-Milano Finanza sulle stime di consenso degli analisti sui dividendi attesi relativi al 2016 delle società quotate italiane (dati FactSet). E, dato che la stagione dei bilanci si è appena aperta, alcune società hanno già comunicato al mercato l’importo effettivo del dividendo che il cda intende proporre alle assemblee dei soci della prossima primavera, chiamate ad approvare i conti 2016. In questi casi dunque non si tratta di previsioni, ma di importi approvati dai consigli di amministrazione.

A partire proprio da Intesa Sanpaolo . La banca di Cà de Sass ha confermato la sua generosa politica di remunerazione degli azionisti prevista nel piano industriale 2014-2017, che prevede di distribuire 10 miliardi di dividendi cash cumulati nei quattro anni. Nell’approvare il bilancio 2016, il cda del 3 febbraio ha fissato il dividendo relativo all’esercizio 2016 in 0,178 euro per ogni azione ordinaria e in 0,189 per ciascuna azione di risparmio, in aumento sul 2015 quando all’ordinaria andarono 0,14 euro e alla risparmio 0,151 euro. Complessivamente per il 2016 Intesa Sanpaolo distribuirà 3 miliardi cash, in crescita dai 2,4 miliardi del 2015 e dagli 1,2 miliardi del 2014. La banca ha nettamente battuto gli altri istituti di credito europei sul fronte del monte dividendi: 2,6 miliardi per Nordea e Ing, 2,5 miliardi per Santander, 2,1 miliardi per Ubs e 1,2 miliardi per Bbva. Stesso discorso sul dividend yield 2016: Intesa Sanpaolo è, come si diceva, oltre l’8% contro il 6% di Nordea, il 5% di Ing, il 4% di Ubs il 3% di Santander e il 3% di Bbva. E per l’esercizio che si è appena aperto la banca punta ad aumentare ancora il monte dividendi a 3,4 miliardi, per completare il piano 2014/2017. «Con qualunque operazione», ha confermato Messina, alludendo a una possibile integrazione con le Generali , «i nostri azionisti avranno dividendi perlomeno per 3,4 miliardi». Il gruppo Intesa Sanpaolo ha chiuso l’esercizio 2016 con un utile netto di 3,111 miliardi, in crescita del 13,6% sul 2015.

Altro big che ha appena approvato i dati 2016 è Unipol . Il cda del 9 febbraio ha confermato il dividendo di 0,18 euro che ai prezzi attuali si traduce in un dividend yield del 5,3%. Il pay-out (quota dell’utile distribuito) per la società guidata dall’ad Carlo Cimbri è dell’80%. Per la controllata UnipolSai il dividendo deciso dal cda è pari a 0,125 euro, con un pay-out di circa il 77%, per un rendimento del 6,5%, ai vertici di Piazza Affari.
Simile lo yield di Poste italiane , 6,3%, sulla base però, in questo caso delle stime degli analisti di un dividendo di 0,38 euro, dato che il cda del gruppo guidato dall’ad Francesco Caio non si è ancora riunito per esaminare i conti 2016. Quel che è certo è che l’attuale politica dei dividendi di Poste, fissata in occasione della quotazione nell’ottobre 2015, prevede la distribuzione di una quota dell’80% degli utili. Gli analisti di Icbpi ritengono che «la generosa politica dei dividendi, unita a un business mix a basso rischio e poco volatile, rappresenti il principale appeal dell’investimento in Poste». Cè grande attesa anche per il dividendo delle Assicurazioni Generali , da sempre un titolo per cassettisti. La compagnia guidata dall’ad Philippe Donnet, in occasione dell’aggiornamento del piano industriale 2015-2018, lo 23 novembre hanno confermato che nei quattro anni i dividendi aggregati supereranno i 5 miliardi. Attualmente il rendimento del titolo del Leone alato supera il 5,2% in base a una cedola prevista di 0,76 euro. La controllata Banca Generali invece ha già approvato il preconsuntivo. Le stime sulla cedola erano attorno a 1 euro ma il cda è andato oltre proponendo 1,07 euro grazie a una forte crescita del business. A fine 2016 le masse del gruppo guidato dal dg Gian Maria Mossa hanno raggiunto il massimo storico di 47,5 miliardi con un aumento del 14% rispetto a dicembre 2015. Un risultato spinto dalla raccolta salita nel 2016 a 5,667 miliardi (+22%), confermando un’accelerazione rispetto alla media di sviluppo dell’ultimo decennio (+8,7% all’anno).

Nel frattempo alcune società hanno anche dato un assaggio di quella che sarà la prossima stagione dei dividendi, dal momento che nei mesi scorsi hanno distribuito un acconto sulla cedola 2016 in anticipo rispetto alla compagna dividendi che si aprirà in primavera dopo le assemblee di bilancio. Peraltro sempre più aziende non solo concedono l’acconto del dividendo ma riescono anche a dire in anticipo, prima che chiuda l’esercizio, l’importo unitario che intendono distribuire. È il caso di Eni , la prima big di Piazza Affari a servire l’acconto, lo scorso settembre. Il gruppo a settembre ha erogato 0,4 euro, la metà degli 0,8 euro che si propone di distribuire sul 2016 per un dividend yield del 5,6%. Il 21 novembre è stata poi la volta degli acconti di Sias , Atlantia, Recordati , Banca Mediolanum , Tenaris e Terna , e la fila delle società che pagano l’anticipo si sta allungando con il ritorno di Enel che nel piano strategico al 2019, presentato il 22 novembre, ha deciso di iniziare a pagare l’acconto sui dividendi. Il 23 gennaio la società guidata da Francesco Starace ha staccato 0,09 euro per azione, la metà del dividendo minimo di 0,18 euro indicato nelle linee guida del triennio. Al prezzo attuale di Enel il dividend yield è del 4,6%. (riproduzione riservata)
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