di Paola Valentini
Il 2016 si chiude con una raccolta netta di 55 miliardi di euro per l’industria italiana del risparmio gestito considerando il dato di dicembre (595 milioni), in forte rallentamento rispetto a novembre (3,3 miliardi). La tendenza ha caratterizzato l’intero anno visto che nel 2015 i miliardi raccolti erano stati ben 144, quasi tre volte tanto.

Dalla mappa mensile di Assogestioni emerge comunque che, considerando il combinato effetto dei flussi e delle performance, il patrimonio totale a fine dicembre è salito al massimo storico di 1.937 miliardi, oltre 100 miliardi in più rispetto al dato di fine 2015. Il 51% degli asset, 989 miliardi, è investito nelle gestioni di portafoglio, il restante 49%, 948 miliardi è impiegato nei fondi.

Il tutto mentre il mercato dei fondi ripone molte speranze nei Pir, i piani di risparmio a lungo termine appena nati che vedono in prima fila almeno una decina di sgr impegnate nel lancio di prodotti legati appunto a questi strumenti che danno diritto a un azzeramento delle imposte sui capital gain (26%) se detenuti per almeno cinque anni e a patto di investire una parte nelle quotate non comprese nel Ftse Mib.

Secondo stime del governo i Pir potrebbero mobilitare dal 2017 al 2021 una raccolta di 18 miliardi da parte di 360 mila sottoscrittori di cui 120 mila quest’anno considerando un investimento pro-capite di 15 mila euro (la metà dell’importo massimo investibile ogni anno, 30 mila euro).

E gli effetti si farebbero sentire soprattutto sui fondi azionari Italia e sui bilanciati. Intermonte Advisory prevede che una metà circa dei Pir possa andare in fondi bilanciati (o flessibili), favoriti saranno anche i fondi azionari che investono in pmi quotate italiane.

Proprio gli azionari Italia potranno essere i maggiori beneficiari dei flussi dei Pir in quanto oggi gestiscono masse pari ad appena 10 miliardi, poco più dell’1% del totale gestito dai fondi aperti (900 miliardi). Intermonte Advisory ipotizza che il loro patrimonio potrebbe raddoppiare da qui al 2021 salendo a circa 19 miliardi, mentre quello dei bilanciati potrebbero salire del 13% a circa 80 miliardi.

Una bella spinta quindi per i fondi comuni che negli ultimi mesi devono fare i conti con un certo raffreddamento della raccolta dovuto soprattutto a rendimenti che non sono stati così brillanti come nel 2015. Peraltro l’edizione 2017 del Salone del Risparmio di Assogestioni, in programma dall’11 al 13 aprile a Milano, sarà dedicata proprio al ruolo che il risparmio può avere nel sostenere la crescita economica dell’Italia.

Tornando ai dati della mappa, a dicembre la raccolta dei fondi comuni si è attestata a 1,3 miliardi, la metà rispetto ai 2,5 miliardi di novembre, per un saldo da inizio anno di 34,5 miliardi.

Ad appesantire il dato complessivo dell’industria sono le gestioni di portafoglio passate dai +754 milioni di novembre al rosso di -688 milioni. Per questi prodotti l’anno si conclude poco sopra quota 20 miliardi, tutti concentrati nelle gestioni istituzionali (polizze e fondi pensione) in attivo per 20,2 miliardi mentre le gestioni retail concludono l’anno sotto la parità (-154 milioni).

Passando alle singole categorie di fondi comuni, il primato di raccolta nel mese e nell’anno è appannaggio dei fondi obbligazionari (rispettivamente 2,1 miliardi e 18,8 miliardi) che, nonostante le prospettive di rialzo dei tassi, restano in cima alle preferenze dei sottoscrittori italiani.

I flessibili, che per diverso tempo hanno catalizzato l’interesse dei sottoscrittori, vedono la loro raccolta rallentare nettamente a dicembre (207 milioni dai 559 di novembre) ma da inizio anno sono comunque poco sotto gli obbligazionari (14,5 miliardi). A pesare sono i rendimenti di questi prodotti che danno carta bianca al gestore di spaziare tra le varie aset class ma che in generale nel 2016 non hanno dato sempre dato buona prova di sè.

Per le altre specializzazioni invece i risultati di raccolta sono meno brillanti. I bilanciati chiudono l’anno a quota 4,1 miliardi (di cui 399 milioni a dicembre), gli azionari sono in rosso per 1,6 miliardi (positivi a dicembre per 265 milioni).

In rosso i monetari sia a dicembre (-1,6 miliardi), sia nell’intero anno (-1 miliardo) per via di tassi ai minimi a fronte dei quali i gestori hanno vita difficile nel compensare le commissioni di gestione.

Quanto alla nazionalità dei fondi, i prodotti di diritto estero fanno sempre la parte del leone con flussi nei 12 mesi pari a 29,2 miliardi di cui 1,5 miliardi a dicembre. In rosso nell’ultimo mese del 2016 i fondi di diritto italiano (-273 milioni) per un totale di 5,2 miliardi da gennaio.

Sul fronte della raccolta di dicembre delle singole società di gestione, primo si conferma il gruppo Intesa Sanpaolo con 1,7 miliardi (1,5 miliardi di Eurizon Capital e 202 milioni di Banca Fideuram), seguito da Amundi group (1,1 miliardi) che proprio in dicembre ha concluso l’accordo per comprare da Unicredit la controllata Pioneer. Quest’ultima nel mese ha registrato una raccolta negativa per 854 milioni.

Tra gli altri big in rosso il gruppo Generali (-2,3 miliardi). “In merito ai dati pubblicati oggi da Assogestioni sull’industria del risparmio gestito in Italia nel mese di dicembre, si segnala che il risultato di raccolta registrato dal Gruppo Generali è dovuto in larga parte a operazioni infragruppo”, ha spiegato la compagnia triestina in una nota. Positive invece Poste (104 milioni), Anima (193 milioni) e Ubi Banca (107 milioni). Bene anche Mediolanum (357 milioni), Azimut (225 milioni) ed Arca (136 milioni).

Gli esteri vedono sempre in pole position Jp Morgan Asset Management che si conferma il primo operatore estero in fondi aperti senza una rete di proprietà con una raccolta di 126 milioni e masse salite a 27,3 miliardi. Buoni anche i risultati di M&G (425 milioni), Morgan Stanley (286 milioni), Allianz (193 milioni) e Kairos (99,4 milioni), in rosso invece Bnp Paribas (-194 milioni), Invesco (-97 milioni) e Schroders (-19,5 milioni).
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