Negli ultimi anni si è registrato un aumento della frequenza dei tornado di grandi dimensioni che interessano gli Stati Uniti. In particolare, secondo una ricerca pubblicata dalla rivista Science a crescere di numero sono proprio i fenomeni meteo estremi, quelli più violenti: si formano in occasione di celle temporalesche e possono raggiungere gradi di distruzione elevatissima.

Il tornado è il fenomeno meteorologico che in un piccolo spazio riesce a concentrare la massima energia distruttiva, spazzando sul suo cammino tutto ciò che incontra.

I tornado possono avere vari gradi di distruttività, soprattutto sulla base della velocità del vento. Si può arrivare a valori record superiori a 322 km/h, con punte oltre i 500 km/h.

Per capirci, ben più della velocità dei venti durante un uragano di categoria 5. È naturale che le infrastrutture dell’uomo abbiano molta difficoltà a resistere a tale violenza.

Per cercare di spiegare questo incremento di tornado che si formano negli Stati Uniti, l’Università di Chicago ha avviato uno studio che coinvolge diversi ricercatori. Uno dei quali, Joel E. Cohen, sostiene che il fenomeno non sia riconducibile al riscaldamento globale, come invece suggerito da modelli utilizzati in precedenza, quanto piuttosto al fatto che aumenta la frequenza di casi in cui la presenza in quota di aria fresca e instabile aumenti la differenza di temperatura rispetto alla superficie andando a generare delle “supercelle”, ma ciò non sarebbe direttamente associabile a un clima più caldo.

Le “supercelle” temporalesche” sono fenomeni atmosferici violenti e molto comuni lungo le grandi pianure statunitensi, laddove l’aria calda e umida (sub-tropicale) che sale dal golfo del Messico molto spesso tende a scontrarsi e a convergere (nei bassi strati) con l’aria più fredda e secca (d’estrazione artica continentale) che dal Canada centrale scivola verso sud, spesso lungo il bordo orientale di un anticiclone di blocco posizionato con massimi barici davanti la West Coast.

In particolare, i focolai di tornado, sono eventi meteorologici ad ampio raggio, che possono durare da uno a tre giorni, con il succedersi di diversi fenomeni temporaleschi e sei o più tornado in rapida successione.

All’interno dello studio pubblicato nel dicembre scorso su Science, i ricercatori dell’Università di Chicago hanno utilizzato nuovi strumenti statistici, tra cui alcuni tools particolarmente sofisticati che permettono di analizzare i focolai dei tornado, abbinandoli alle condizioni climatiche generali.

I ricercatori hanno stimato che il numero di tornado estremi sia raddoppiato nell’ultimo mezzo secolo.

Ciò significa che se nel 1965 si potevano prevedere circa 40 tornado nell’arco temporale dei successivi 5 anni, lo scenario peggiore analizzato nel 2015, indicava un numero di 80 tornado che avrebbero interessato gli Stati Uniti entro il 2020.

Per motivare questo forte incremento, i ricercatori hanno studiato dati relativi a migliaia di tornado e trombe d’aria, arrivando a una conclusione diversa da quella più gettonata che vedrebbe nel riscaldamento climatico la causa principale dell’aumento dei fenomeni estremi.