Pagina a cura di Daniele Cirioli

Buone notizie per i professionisti senza cassa: cala il costo del lavoro. Dal 1° gennaio l’aliquota da pagare alla gestione separata dell’Inps scende di due punti percentuali: versano il 25,72% invece del 27,72% che hanno pagato nel corso del 2016. La nuova misura, che vale anche per gli anni successivi, è stata fissata dalla legge Bilancio 2017, la legge n. 232. Cattive notizie invece per tutti gli altri lavoratori iscritti alla gestione separata: a loro il costo del lavoro sale. L’aliquota da pagare alla gestione separata dell’Inps, infatti, aumenta di un altro punto percentuale portandosi al 32,72%. Nessuna novità, infine, per i lavoratori iscritti alla gestione separata ma già pensionati o con altra tutela previdenziale: l’aliquota resta ferma al 24%.

Le partite Iva. Adesso i professionisti senza cassa possono mettersi l’animo in pace. Dopo un triennio di lotta, la legge di Bilancio 2017 fissa definitivamente l’aliquota al 25% a partire dal 1° gennaio 2017. L’anno ormai passato, il 2016, come già successo nel 2014 e 2015, non ha subito alcun incremento dell’aliquota contributiva della gestione separata Inps grazie a interventi ad hoc, previsti sempre nelle manovre finanziarie, per cui l’aliquota dovuta è rimasta ferma in questo triennio 2014/2016 al 27%, cui aggiungere quanto pagato per le prestazioni assistenziali (un altro contributo dello 0,72%). La novità interessa freelance, consulenti aziendali, terapisti della riabilitazione, tecnici informatici ecc. Figure, cioè, appartenenti a diverse categorie di professionisti con partita Iva che, non avendo una Cassa di previdenza professionale alla quale fare riferimento, sono obbligati a iscriversi e a contribuire alla gestione separata Inps. Dunque, diversamente dagli altri lavoratori obbligati alla gestione separata (collaboratori, associati ecc.) per i quali l’aliquota contributiva è salita in questi anni e sale di un punto percentuale anche dal 2017 (si porta al 32,72% complessivo), i professionisti senza cassa continuano a non subire aumenti contributivi. La novità interessa, nello specifico, soltanto la categoria dei lavoratori «esclusivi» (o scoperti), quelli cioè che non svolgono altra attività di lavoro per la quale già versano dei contributi previdenziali (per esempio come succede per i dipendenti, commercianti, artigiani, ecc.) e che non sono neppure già pensionati. Questi professionisti:

per l’anno 2016 hanno pagato ancora (come negli anni 2014 e 2015) l’aliquota del 27,72%, cioè il 27% destinato alla pensione più lo 0,72% destinato a finanziare le altre tutele, quali la malattia, la maternità e gli assegni familiari;
a partire dall’anno 2017 (quindi anche per gli anni seguenti al 2017) pagano l’aliquota del 25,72%, cioè in misura ridotta di ben due punti percentuali rispetto all’ultimo triennio: il 25% destinato alla pensione più lo 0,72% destinato a finanziare le altre tutele, quali la malattia, la maternità e gli assegni familiari.
Se non fosse intervenuta la legge Bilancio 2017, i professionisti senza cassa avrebbero dovuto pagare per l’anno 2017 l’aliquota del 29,72% e a partire dall’anno 2018 del 33,72%, ossia la stessa degli altri iscritti alla Gestione separata.

Aumento dell’1%. Nessuna novità per gli altri lavoratori. In base a quanto programmato nel passato:

a) i lavoratori «esclusivi», per i quali dal 1° gennaio 2016 l’aliquota contributiva è già salita di 3 punti percentuali (secondo la tabella di marcia della riforma Fornero) portandosi al 31,72% (31% destinato alla pensione e l’ulteriore 0,72% alle tutele di malattia, maternità e assegni familiari), dal 1° gennaio 2017 devono pagare il 32,72% con un incremento di aliquota contributiva, quindi, dell’1% tutto destinato alla pensione;

b) resta confermata al 24% l’aliquota dei lavoratori non «esclusivi», per i quali dal 1° gennaio 2016 era già stato raggiunto il tetto massimo (secondo la tabella di marcia della riforma Fornero). Tutto il contributo è destinato tutto alla pensione.

La ripartizione dell’onere. Nessuna novità per quanto riguarda la ripartizione dell’onere contributivo. Resta confermato, pertanto, che va sostenuto non solo dal collaboratore o dal professionista senza cassa, ma anche dal committente e dal cliente. In particolare, per le collaborazioni coordinate e continuative pure e per i venditori porta a porta, sia abituali sia occasionali, è prevista la ripartizione del contributo in misura pari a 1/3 a carico del collaboratore e di 2/3 a carico del committente, che è obbligato ai versamenti. Fa eccezione il rapporto di associazione in partecipazione, per il quale è previsto invece che il contributo sia ripartito nella misura del 55 per cento a carico dell’associante e del 45 per cento a carico dell’associato. Nel caso dei lavoratori autonomi/professionisti titolari di partita Iva, viene da questi applicata una rivalsa in fattura, che è dunque a carico del cliente, in misura del 4%. Tutto il resto se ne fanno carico i professionisti.

Accredito contributivo. Nessuna novità per l’accredito contributivo, cosa che continuerà a distinguere i lavoratori iscritti alla gestione separata dagli altri lavoratori. Infatti, mentre per dipendenti e autonomi esiste un meccanismo che garantisce che a ogni giorno, settimana, mese o anno «di lavoro» corrisponda esattamente un giorno, settimana, mese o anno «di contributi», lo stesso non vale nel caso dei contributi della gestione separata Inps. Il meccanismo che tutela dipendenti e autonomi si chiama «minimale contributivo»: è l’importo minimo, al di sotto del quale non si possono calcolare i contributi da pagare (è vietato per legge). Quindi, se anche la retribuzione pagata al dipendente risulta inferiore a tale minimo, l’impresa è comunque tenuta a versare un contributo calcolato sul minimale così da garantire al lavoratore «l’accredito contributivo»: ha lavorato un giorno avrà un giorno di accredito contributivo; ha lavoratore un mese o un anno avrà un mese o un anno di accredito contributivo. Lo stesso vale per il lavoro autonomo: per artigiani, commercianti e coltivatori diretti, infatti, esistono i minimali contributivi. Ma così non è con i contributi pagati alla gestione separata che, infatti, sono calcolati e versati sugli effettivi compensi dei lavoratori, senza tener conto di un importo minimo (non c’è in altre parole un «minimale»). Però, il «minimale» opera ai fini dell’accredito contributivo, nel senso che per avere l’accredito di un giorno, di un mese o di un anno di contributi, è necessario che risulti pagato un tot preciso di contributi predeterminato per legge.

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