di Carlo Giuro

Aspettare è un rischio quando si parla di previdenza complementare. Il succedersi di riforme negli ultimi anni ha portato nei lavoratori l’idea che il quadro normativo è in continuo cambiamento e quindi che convenga aspettare prima di aderire. In realtà si tratta di un errore di prospettiva. La riforma che ha introdotto il metodo di calcolo contributivo, è già in vigore dal 1996, rafforzata dalle misure contenute nel decreto salva Italia. Dal 1° gennaio 2013 diventano poi operative le prime innovazioni automatiche introdotte nel nostro sistema previdenziale. Di che si tratta? In primo luogo entra in vigore l’adeguamento automatico dell’età pensionabile parametrata alla speranza di vita accertata dall’Istat. In particolare tutti i requisiti di pensionamento, sia di vecchiaia che la pensione anticipata e sia nei requisiti di età che di anzianità contributiva, sono aumentati di tre mesi per effetto del decreto del ministero dell’Economia del 6 dicembre 2011. Il primo adeguamento è già stato deciso nella misura di tre mesi in riferimento al periodo 2013-2015. Per i lavoratori dipendenti, le dipendenti del settore pubblico e gli autonomi l’età pensionabile è di 66 anni e 3 mesi. Prosegue anche il percorso di equiparazione uomo/donna che si concluderà nel 2018. Entrano poi in vigore i nuovi coefficienti di conversione revisionati in virtù del decreto del ministero del Lavoro del 15 maggio 2012. Il profilo è intrinsecamente connaturato con l’applicazione del metodo contributivo che costituisce l’architrave portante della recente riforma Fornero, con l’estensione con il metodo del pro rata a tutte le categorie di lavoratori dal 1° gennaio 2012 e la previsione dell’età di pensionamento flessibile. Nel contributivo il calcolo della pensione è effettuato sull’insieme dei contributi versati durante l’intera vita lavorativa, rivalutati in base alle variazioni del pil; si determina cioè un vero e proprio montante virtuale. Tale montante dovrà essere convertito in rendita con l’applicazione degli specifici coefficienti di trasformazione in rendita, rapportati alla speranza di vita e indifferenziati per sesso, definiti per legge. La revisione dei coefficienti determina una riduzione tendenziale delle prestazioni previdenziali. Diventa allora sempre più importante pensare per tempo a integrare la pensione con forme di previdenza complementare. Occorre informarsi adeguatamente sulla propria situazione previdenziale in ottica di calcolo del gap previdenziale ipotetico, quantificare le risorse destinabili a risparmio previdenziale, scegliere lo strumento, individuare la linea /linee di investimento adeguata al proprio profilo di rischio/rendimento. L’importante è partire. (riproduzione riservata)